MIRANDOLA «So che siamo sotto la soglia prevista delle 500 nascite all’anno necessarie per mantenere aperta l’area dedicata al parto, ma puntiamo più sulla qualità che sulla quantità». Inequivocabile. Solo così si può definire la considerazione del dottor Alessandro Ferrari, colui che guida il punto nascite di Mirandola e che traccia il perimetro entro il quale si sta muovendo e si muoverà la sua unità operativa, quella di Ostetricia e Ginecologia del Santa Maria Bianca. Era il 2010 quando il governo siglò con le regioni l’accordo, ancora valido, secondo cui tutti i punti nascite con meno di 500 parti dovevano e devono chiudere.
Ferrari, a Mirandola succederà questo?
«Non sono in grado di fare previsioni, ma quello che le posso dire è che il trend di nascite è sostanzialmente in linea con gli anni passati. Se non è stato chiuso prima, perché dovrebbe succedere adesso? Peraltro stiamo lavorando molto bene».
I numeri non rimangono comunque confortanti…
«Per la verità bisogna tenere conto di diversi fattori. In primis occorre sapere che è l’ospedale di Mirandola a “selezionare” le mamme che devono partorire. Questo perché noi privilegiamo un percorso naturale e non medicalizzato, che richiede necessariamente più cura della paziente. Poi si ricordi che ci sono tutti quei casi di neonati che devono seguire un percorso speciale per eventuali complicanze e che vengono indirizzati verso altre strutture più fornite».
Non crede allora che i genitori non vogliano venire a Mirandola perché reputano gli strumenti a vostra disposizione pochi e inadeguati?
«Non penso. Con la mia unità, ripeto, lavoriamo costantemente per fare sì che quello a cui va incontro la donna sia un parto sostenibile e il più possibile naturale. Ad ogni madre affianchiamo un’ostetrica lungo tutto il percorso, dall’inizio alla fine. Poi, logicamente, qualora dovessero esserci complicanze di qualsiasi tipo alle quali la struttura non riesce a dare una risposta, si sposterebbe la famiglia in questione verso altri punti nascite».
Quindi, meno medicalizzazione c’è, meglio è…
«Banalmente è così. Ciò non toglie il fatto che un medico, durante il percorso, non sia necessario. Quello che però vogliamo fare è rendere il più possibile naturale un processo che nel corso della storia lo è sempre stato. E di fare sì che questo percorso sia vissuto a pieno dalla mamma, dal papà, dal nascituro e dalla loro ostetrica con tranquillità. Il sostegno alle famiglie viene inoltre favorito da un’interazione tra servizi sanitari, servizi educativi, e il mondo del volontariato con le associazioni e gruppi di pari: per un’offerta non solo di cura, ma anche culturale e di condivisione dell’esperienza della maternità».
Tutto questo è bellissimo, ma vi siete chiesti allora perché il numero di nati nel vostro ospedale non aumenta mai significativamente?
«In parte è dovuto a ciò che dicevo prima, ossia la nostra “selezione”, necessaria per mettere in atto un percorso efficiente. Ma una risposta ce la dà anche il numero di neonati che ogni anno nascono su tutto il territorio di Mirandola, che sono circa 500. Si consideri che, di media, il 10% delle famiglie decide di affrontare il parto in altre strutture per esigenze personali e un altro 10% per vari altri motivi. Facendo i calcoli risulta impossibile ospitare 500 nascite in un ospedale di una zona che complessivamente ne sforna altrettante».
Quindi niente soluzione?
«Ce n’è una sola: le famiglie dovrebbero fare più figli. Ma sono questioni private».
Torniamo per un attimo al vostro modo di agire. Come formate il personale?
«In linea con i protocolli nazionali e regionali. In Emilia-Romagna abbiamo una sanità pregevole, e soprattutto degli operatori che la rendono tale. Da noi pressoché ogni settimana ci sono corsi di specializzazione per riuscire a stare al passo con i tempi e la tecnologia. Credo che ci stiamo riuscendo, visto le numerose eccellenze che possediamo».
Ha un messaggio per i cittadini mirandolesi?
«Abbiate fiducia nel nostro ospedale. Siamo in grado di accompagnarvi efficientemente lungo tutto il percorso verso il parto. Ma ci serve affetto».
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