I prezzi alle stelle costringono le imprese della Marca sulla via dell’autoproduzione. Per molte aziende. Il solo fotovoltaico sul tetto della sede non può bastare. Castagner: «Chi non si adegua muore». Rachello: «Serve meno burocrazia
TREVISO. Chi convertendo il calore residuo dei forni in energia elettrica. Chi termovalorizzando gli scarti di produzione della grappa. Chi ancora realizzando un impianto idroelettrico sul fiume a due passi dall’azienda. Se l’energia costa – eccome se costa – meglio prodursela in casa: sono sempre di più le aziende trevigiane che cercano di essere almeno parzialmente autosufficienti da questo punto di vista. Non basta il classico impianto fotovoltaico sul tetto della sede o sul parcheggio: oggi serve molto di più.
Uno degli investimenti principali da questo punto di vista lo ha realizzato la Cementi Rossi di Pederobba, che proprio in queste settimane sta mettendo in funzione a pieno regime un impianto di co-generazione che converte il calore dei forni utilizzati per la cottura dei materiali in energia elettrica tramite il riscaldamento di un fluido, la generazione di vapore e l’azionamento di due turbine. Su un consumo complessivo nell’impianto di Pederobba tra gli 11 e i 12 megawatt, il nuovo generatore ne produce tre: dà una buona mano insomma, spiegano in azienda, coprendo quasi il 30% del fabbisogno.
Chi ha l’azienda a due passi da un corso d’acqua, da sempre fonte di energia per i molini, sta pensando a una versione moderna di questa simbiosi: «Con il fotovoltaico produciamo circa 200 kwh e copriamo un terzo del nostro fabbisogno energetico, ma spazio ulteriore non ne abbiamo – spiega Gabriele Rachello, amministratore delegato della Molino Rachello di Roncade – ora abbiamo un progetto per realizzare un impianto idroelettrico sul fiume Musestre da 160 mila kw all’anno completamente “verdi”. La burocrazia però è pesante, da poco abbiamo avuto un incontro con l’ingegnere che segue il progetto e, con l’aiuto di Assindustria Venetocentro, abbiamo fatto i primi passaggi con il Genio civile e con il Parco del Sile per capire se sia davvero fattibile. Vediamo se questa situazione di emergenza legata ai costi fa capire agli enti pubblici che è necessario fare presto».
Stessa speranza per Roberto Castagner, distillatore a Vazzola: «Spero che i burocratici capiscano le nostre esigenze, con questi costi le imprese rischiano di morire». Castagner ha in cantiere un progetto «da due milioni di euro per realizzare un impianto che produca biogas dagli scarti della produzione della grappa, con un digestore anaerobico. Produrrà l’equivalente di due milioni di metri cubi di metano, oggi ne consumiamo poco meno di tre milioni l’anno. In pratica, saremo autonomi per circa l’ottanta per cento. Mediamente per una distilleria l’energia impatta per il 30-40% dei costi di produzione. L’esorbitante aumento dei costi energetici sarà un severo selezionatore di realtà che sapranno adeguarsi e avranno modo di investire in efficientamento energetico e sostenibilità, penalizzando invece le imprese che non saranno in grado di riprogettare il proprio futuro energetico».
Il solare non basta, per le imprese energivore. Ma per altre rappresenta una soluzione ottimale. Astoria Wines si è dotata di un impianto fotovoltaico, in concomitanza coi lavori di allargamento della sua sede di Crocetta del Montello.
«Oltre 2000 metri quadrati di pannelli in grado di fornire 430 kw/h di energia – spiega Filippo Polegato – e stiamo completando anche l’ampliamento della sede produttiva, dove è prevista un’ulteriore copertura di circa 500 metri quadrati. In tutto entro fine anno contiamo produrre a regime 500 kw/h, più del 30% del nostro fabbisogno».
«Nel 2021 la produzione industriale in provincia di Treviso è cresciuta del 15% contro un recupero nazionale dell’11,5%. Ma più di qualche azienda, pur in possesso di ordini consistenti in portafoglio, preferisce rallentare i ritmi per contenere la spesa energetica». A parlarne è stato Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto e della Camera di commercio di Treviso Belluno.
«Un paradosso. Stavamo andando verso una normalizzazione degli approvvigionamenti e una riduzione del costo dei noli – ha detto Pozza – e lo stesso settore dei mezzi di trasporto, colpito dalla crisi dei microchip, ha visto risalire, nel quarto trimestre, la capacità produttiva ben oltre il 75%. Però i miglioramenti in questi ambiti sono zavorrati dalla speculazione sulle attese di rincaro degli energetici, che va ben oltre il temporaneo disallineamento tra offerta e domanda di energia post-pandemia, speculazione che sta trovando facile sponda in una visione europea molto fumosa della transizione energetica, che non ha considerato le gradualità necessarie e le dipendenze geopolitiche».
Casi concreti di chi preferisce prendersi una “pausa di riflessione” sono tanti, anche nella Marca. Come Industrie Cotto Possagno, nome storico della manifattura trevigiana. «Abbiamo approfittato per fare manutenzione straordinaria agli impianti, tenendone fermi tre su sei nelle scorse settimane – dice Mario Cunial, vicepresidente dell’azienda di Possagno – perché i costi energetici sono arrivati vicini al punto di non sostenibilità». —