Cambiano metodi e protocolli ma il sistema è sempre quello. Kussini (Fimmg): «Il virus ha solo peggiorato la situazione»
UDINE. «Non so prenotare un vaccino», si chiama il medico di medicina generale. «Mi cola il naso», idem. «Come esco dalla quarantena?», si telefona al medico di famiglia. «Mi serve il certificato di malattia, non ho sintomi ma mia zia è positiva». Idem come sopra.
Telefonate, e-mail, “scartoffie”, aggiornamenti di ogni genere. Così i medici di medicina generale – che appunto preferiscono tutt’oggi essere chiamati medici di famiglia – vengono letteralmente oppressi dalla burocrazia. Il problema non è nuovo, ma l’arrivo della pandemia ha decisamente acuito una situazione già prima difficilmente gestibile e sostenibile.
E oggi molti di loro ammettono la frustrazione di dover “limare” l’assistenza vera e propria ai pazienti per riuscire a fra fronte a un carico burocratico degno dei più movimentati palazzi romani. Una frustrazione che diventa quasi imbarazzo quando, mentre visitano un paziente, devono metterlo in “standby” per rispondere a una telefonata, o quando si mettono davanti al pc per centinaia prescrizioni quando fuori dall’ambulatorio c’è la fila.
«Ormai siamo diventati campioni a complicare le cose – dice con un tono d’amarezza Khalid Kussini, segretario della Fimmg della provincia di Udine – siamo fermi a 20 anni fa e la pandemia non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Nel frattempo sono cambiati metodi e protocolli, ma la burocrazia è rimasta sempre ferma lì. Si spera sempre che le cose cambino, ma finora è stato fatto solo con le buone intenzioni.
In era Covid, poi, c’è un appesantimento ulteriore. Il numero pubblico 1500 spesso risponde dicendo di rivolgersi al medico di medicina generale, ma il nostro compito primario è fare assistenza. Riceviamo anche 100 telefonate al giorno – prosegue – e-mail e messaggi e una mancata risposta può comportare anche conseguenze legali.
Non siamo più messi in condizione per poter lavorare serenamente. Ora servono decisioni dall’alto», invoca. E sono decisioni su cui, secondo Kussini, «deve prevalere il buon senso. Oggi, almeno, si inizia a parlare della possibilità di avvalersi dei collaboratori di studio – le segretarie di un tempo – se n’è discusso pochi giorni fa anche in Regione, trovando un’apertura da parte dell’amministrazione che ci ha promesso un incontro in tempi brevi con questo tema all’ordine del giorno. Finalmente si è aperto un confronto e spero che in tempi brevi si arrivi a una soluzione per alleggerire questo carico burocratico che ci attanaglia».
Un’apertura accolta positivamente anche dal presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Udine, Gian Luigi Tiberio, che vede in questo impegno «una presa di coscienza per una necessità che si trascina da oltre 10 anni». Andando a ritroso, in effetti, si risale a un accordo con l’allora assessore regionale alla sanità Ezio Beltrame, ma da lì la questione si è arenata.
«Oggi – ammette Tiberio – sembra che la Regione abbia finalmente recepito questa necessità che crea, purtroppo, anche meno attrattiva la professione per i giovani medici. Basti vedere che le zone carenti difficilmente si riescono a coprire», dice snocciolando qualche esempio come Aquileia dove c’è un medico al posto di tre, oppure Cervignano dove da anni non si riescono a rimpiazzare due posti. «La medicina generale si è sempre rimboccata le maniche – dice ancora Tiberio – ma oggi davvero non trova pace, sempre alle prese con la necessità di dare risposte». Di ogni genere.
«Stiamo attendendo che ci diano gli strumenti per lavorare al passo con i tempi ormai operiamo a mani nude da tanti anni», conclude il presidente che auspica anche un’accelerazione sulle ricette dematerializzate, ma ancora non del tutto operative e sulla medicina di gruppo.
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