BELGRADO Non si fidano delle promesse delle autorità. Chiedono ancora di più, una moratoria totale. Per farlo, hanno piazzato da cinque giorni tende davanti alla presidenza, per inscenare una protesta continua. E ieri hanno lanciato un nuovo ultimatum al governo.
Sono gli “indignados” serbi che per mesi hanno manifestato e paralizzato il Paese contro il progetto di una mega-miniera di litio nel cuore della Serbia, titanica impresa del colosso anglo-australiano Rio Tinto. Proteste, lo ricordiamo, che hanno costretto il governo ad annunciare lo stop al cosiddetto “Progetto Jadar”.
Ma quello stop potrebbe essere solo parziale ed essere ritirato dopo le elezioni generali di aprile, hanno denunciato gli attivisti di “Kreni Promeni”, fra le anime delle nuove dimostrazioni e dell’allestimento di una tendopoli davanti alla sede della presidenza. Secondo gli organizzatori, saranno un centinaio o poco più i manifestanti che faranno i turni di “guardia” durante la protesta. «Ringraziamo chi verrà», ha detto Savo Manojlovic, uno dei leader della sollevazione anti-Rio Tinto, che ha precisato che gli attivisti vogliono che il presidente e la premier serbi «traducano in legge» le promesse fatte a voce sullo stop alla ricerca e all’estrazione del litio. E che la moratoria sia a livello nazionale.
Gli attivisti fanno sul serio. Ieri, durante una manifestazione a Belgrado, hanno dato tempo «fino al 15 febbraio» al governo affinché «obbedisca alle nostre petizioni». Se così non sarà, si sceglierà ancora una volta la linea dura delle manifestazioni di massa. È «loro diritto protestare, ma le richieste sono già state accolte», ha chiuso però le porte la premier Brnabić.ST.G.