Angelica Minetto colpita da lassità legamentosa ha dovuto rinunciare a suonare: ora insegna musica, ed è serena
RONCHI Aveva perso tutto. Se l’è ripreso. Con l’impegno, con la tenacia. E tanta forza di volontà. Ora, Angelica Minetto è finalmente serena, ma non è andata sempre così. Di sicuro, doveva essere felice quando ha cominciato, appoggiando le mani sulla tastiera del pianoforte. Erano le manine di una bimba di due anni e mezzo che volevano emulare quelle di sua sorella Francesca, di poco maggiore.
Ma Angelica, in fondo, non aveva bisogno di emulare nessuno: il suo era un autentico talento e un sincero amore per le note. Per lei, nata a Monfalcone nel ’97 ma a Ronchi da sempre, la prima vittoria a un concorso, con tanto di borsa di studio, è stata nel 2003. Poi, altri trionfi, altre borse di studio e nessun segnale di stress, nemmeno quando cominciano i concerti: a Gorizia, a Roma, a Firenze, tra Bach, Mozart, Beethoven e il prediletto Chopin, tutti eseguiti a memoria. E quando, nel 2006, torna al “Città di Cesenatico” non solo è di nuovo la numero uno tra i ragazzi della sua età, ma giunge anche terza nella categoria “giovani talenti”, confrontandosi con musicisti adulti. Grazie a questo riconoscimento, l’ennesimo, può esibirsi a Parigi, nella casa di Claude Debussy, sullo strumento del celebre compositore. Poi, è alla Settimana Mozartiana di Chieti e a Bologna a palazzo Sanguinetti, sul pianoforte dove ha suonato Rossini. Quindi, nel 2009 torna a casa Debussy. Naturalmente, però, c’è anche la scuola. Dopo le medie all’istituto sloveno di Doberdò, frequenta il liceo musicale Carducci-Dante, a Trieste. Inoltre, c’è il conservatorio: il Tartini, senza trascurare masterclass assieme a Massimo Gon, Maurizio Baglini e, nella sede di Bergamo dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, assieme a Konstantin Bogino. Viene tutto facile ad Angelica e la rara dote dell’orecchio assoluto, la capacità di riconoscere immediatamente le note, non può non aiutarla.
Ma è pur sempre una ragazza. Insomma, vorrebbe vivere la sua età e il piano non sempre la diverte, non più. In qualche modo la limita. Lei, ogni tanto, arriva persino ad odiarlo. Ma solo un po’. Finché un giorno, mentre accompagna il coro dei genitori della scuola slovena di Vermegliano, le si gonfiano le mani. Lei, tuttavia, continua a suonare e fa lo stesso nei giorni, nei mesi successivi. Eppure, qualcosa non è più come prima: i dolori sono intensi. Per arrivare a una diagnosi servono visite, esami, analisi. Ma la diagnosi, quando Angelica ha 17 anni, arriva eccome e non è delle migliori: lassità legamentosa.
I legamenti, in sostanza, non reggono le articolazioni. A poco servono la fisioterapia, la ginnastica posturale, l’agopuntura. Lei, che aveva sacrificato tutto per il pianoforte non può suonare più. I polsi escono continuamente dalla loro collocazione. Sforzare vorrebbe dire infiammarli, prendere antidolorifici di continuo. Ma Angelica non può nemmeno camminare a lungo, né fare un sacco di altre cose. La vita di prima diventa un ricordo. A 22 anni, come se non bastasse, scopre di avere anche la fibromialgia: dolori continui a muscoli e tendini.
«Non potevo lasciare il piano – racconta –. È una parte di me». Ma che fare? La ragazza non si dà per vita. La psicoterapia l’aiuta e, soprattutto, l’aiuta la sua tenacia. «I momenti difficili non sono mancati, ma la vita, me lo ripeto ogni giorno, è una sola – afferma, senza pensarci su –. In fondo, anche la pandemia ci rammenta di continuo l’importanza della vita. Mamma, papà, il mio fidanzato hanno tutti avuto il Covid e l’ho avuto pure io. Mia mamma ha rischiato di morire e con mio papà, immunodepresso, la situazione non è stata semplice». Ai concerti dei grandi pianisti, Angelica preferisce non andare: «Mi fa troppo male. Avrei potuto essere io al loro posto», dice. Ma allo strumento, la ragazza non ha rinunciato. Ora insegna, alla scuola Arte&Musica di Monfalcone: «Solo così ho l’opportunità di stare vicino al pianoforte, nonostante i miei problemi fisici», dice sorridendo, finalmente felice.
