Allo studio l’ipotesi di guardare a un mercato di grandi prospettive e con tanti posti di lavoro: oltre cento a regime
MASSA. Produrre metanolo e idrogeno partendo da rifiuti solidi urbani (in sigla Css-combustibile solido secondario) e plasmix, la frazione mista della raccolta differenziata, difficile da riciclare per via meccanica. Ecco un progetto green, ideale per la transizione ecologica di cui tutti parlano, e con in più la possibilità di portare tanti posti di lavoro: sui 300 in fase di costruzione dell’impianto, oltre 100 (fra diretti e indiretti) a regime. Con un flusso di denaro significativo che arriverebbe nelle casse pubbliche.
Stiamo parlando dell’idea di una "Ecofactory" per la produzione di metanolo e idrogeno che da qualche settimana l’amministrazione comunale di Massa sta valutando, e che a quanto risulta è già all’attenzione di Retiambiente, la società per azioni a totale capitale pubblico, partecipata da cento comuni delle province di Livorno, Pisa, Lucca e Massa-Carrara, il soggetto unico per la gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati nell’ambito territoriale ottimale "Ato Toscana Costa".
Massa, e quindi la provincia di Massa-Carrara, con questo progetto si candida a chiudere in modo virtuoso il ciclo dei rifiuti, oltrettutto mettendosi su un mercato potenzialmente molto ricco, perché l’idrogeno è da molti indicato come il combustibile del futuro, e il metanolo fin da ora è utilizzato sia come carburante per autotrazione, sia come "feedstock" (materia prima, sostanzialmente) nel settore petrolchimico. Insomma, biocarburanti frutto di riciclo, con scenari in forte crescita (i cinesi della Geely hanno già realizzato una vettura a metanolo).
Il problema è l’investimento iniziale, piuttosto consistente (si parla di circa 200 milioni), e infatti il progetto che l’amministrazione di Massa sta valutando prevede un utile dopo una decina d’anni, anche se le dinamiche dei carburanti potrebbero anche accelerare questo termine. E non è escluso che ci siano partner privati, anche di nome importante.
Su tutta l’operazione viene mantenuto un certo riserbo, anche perché ci sono altri territori interessati a questo tipo di impianto.
Tra le ipotesi, si prevede di utilizzare circa 80mila tonnellate l’anno di Css e plasmix, su due linee; un procedimento che non prevede il fuoco (insomma, niente inceneritore per intendersi) ma solo reazioni chimiche che, tra l’altro, daranno dei sottoprodotti a loro volta utilizzabili, come il granulato vetrificato destinabile all’industria ceramica, dei laterizi o ai cementifici, e lo zolfo, per la produzione di fertilizzanti e per l’industria chimica. Si ipotizzano circa 40mila tonnellate l’anno di metanolo, 600 di idrogeno; oltre a Co2 pura a sua volta valorizzabile.
L’obiettivo in sostanza è la chiusura del ciclo dei rifiuti non con discariche o inceneritori, ma con un processo di valorizzazione e la produzione di metanolo e idrogeno che, con l’evoluzione del mercato dei combustibili, saranno sempre più appetibili.
I tempi? Al momento non sono pronosticabili ma certo, se il progetto sarà adottato da Retiambiente, e saranno trovati i partner (colloqui sono già in corso) l’operazione potrebbe svilupparsi relativamente in fretta.
