Le strutture puntano sul Carnevale per poter ripartire ma finora non sono state aperte Scarpa: «A Mestre il rilancio sarà molto più difficile». Molti ex dipendenti e direttori hanno cambiato mestiere
MESTRE. Ci sono alberghi di Mestre, che sono rimasti chiusi per due anni. Ed altri che ancora stanno riflettendo su cosa fare, perché i pochi clienti e il calo degli introiti ha fatto andare i conti in “rosso”. Giganti abbandonati spesso nei punti strategici della città. Un esempio è il Russott di San Giuliano, all’ingresso del grande parco, ma se ne potrebbero citare altri.
Per molti alberghi di Mestre, la data che ha rappresentato l’inizio della crisi, è quella del 12 novembre 2019, e coincide con “l’acqua granda” come ha spiegato Daniele Minotto, vicedirettore dell’Ava. Dopo l’evento meteorologico che ha stravolto la città storica, i turisti sono calati e diversi hotel hanno chiuso, con l’obiettivo di riaprire a Carnevale. Ma è arrivata la pandemia e con quest’ultima la definitiva mazzata.
Ava ha effettuato un censimento tra gli iscritti, dai quali è emerso che quasi il 50 per cento degli hotel della terraferma è chiuso e gli alberghi aperti, lavorano a un regime bassissimo, del 20 per cento, anche meno, mentre alcuni arrivano a una capienza della metà, ma solo perché attorno non ce ne sono altri. Qualcuno lavora addirittura “a ore”, o come si dice offerta “day use”, un po’ come funziona tuttora il sistema della camera d’appoggio alle terme.
Alcuni direttori di hotel hanno cambiato mestiere. I posti letto in città, negli ultimi anni erano aumentati notevolmente sulla scorta dell’apertura dei giganti low cost di via Ca’ Marcello, arrivando a 18.354, e oggi la maggior parte sono vuoti. Attualmente i prezzi online sono bassi, anche perché molti scelgono sistemazioni diverse e le comitive sono scomparse.
Con il caro energia e le bollette schizzate alle stelle, la situazione si fa ancora più difficile. Senza contare che alberghi chiusi da due anni, significa manutenzione molto costosa per rimettere in moto la macchina e per trovare nuovamente personale, che nel frattempo si è trovato qualcos’altro per sopravvivere.
«Mestre ha un problema molto più grande di Venezia» spiega il direttore Ava Claudio Scarpa «la metà degli alberghi sono chiusi, questo il dato fino a una decina di giorni fa, anche se qualcuno sta riaprendo. Con il Carnevale Venezia si riprenderà un po’, ma la partita di Mestre è molto più complessa e se ne parla poco. La terraferma ha un turismo diverso rispetto a quello della città storica. Venezia si era specializzata su un turismo individuale, gli alberghi hanno in media 25 stanze".
"Al contrario Mestre viveva di gruppi e comitive, sugli hotel e le catene che mettono a disposizione grandi pezzature che consentivano l’accoglienza dei gruppi. Ma i gruppi prima che tornino ci vorrà più tempo, per questo il turismo a Mestre tarderà a riprendere».
Spiega ancora: «Questo virus ha lasciato condizionamenti fortissimi nelle persone, vedi alla voce non viaggiare con mezzi pubblici, usare l’auto. Il turismo di gruppo farò fatica, non è un caso che Mestre abbia una permanenza media sotto i due giorni, 1,90, contro i 2,7 di Venezia. Purtroppo non ci accorgiamo di quanto stia soffrendo e soffrirà in futuro".
Chiude: «Con il Carnevale qualcuno apre e sicuramente ci sarà più lavoro nel fine settimana, ma se a Venezia la ripresa piena è attesa nel 2023, la stessa cosa non si può dire per Mestre».
«La situazione in città è drammatica» commenta Monica Zambon di Cgil metropolitana «questo fine settimana si è lavorato, ma non basta. Adesso, si aprirà anche la battaglia delle professioni, visto che tantissimi del settore rimasti a secco hanno cambiato lavoro e il comune non può rimanere indifferente». —
