MIANE. Anche alpini, con tanto di capello, schierati alla cerimonia di Miane organizzata da “Continuità Ideale-Rsi Treviso” per commemorare i 50 tra soldati fascisti e civili uccisi dai partigiani nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1945. Alpini che inalberavano gagliardetti della repubblica di Salò e bandiere con l’aquila di memoria fascista.
«Verificheremo e prenderemo provvedimenti – fa sapere Francesco Introvigne, presidente della sezione Ana -. È ovvio che la pietas umana e cristiana invita a ricordare ogni vittima, senza distinzione di appartenenza, ma altra cosa è partecipare ad un’iniziativa, con la simbologia alpina, organizzata da realtà che per aspetti si pongono fuori o al limite del dettato costituzionale, non riconoscendone i valori». L’associazione si riserva ogni misura, fino all’espulsione dall’Ana.
Neppure un centinaio i partecipanti al raduno di ieri mattina in cimitero dove è stato portato un mazzo di fiori alla lapide che ricorda i morti della cavità Spinoncia di Combai. Nessun saluto fascista, come invece avvenne l’anno scorso. Nessun inno dell’epoca. Tante bandiere italiane, ma appunto anche tanti gagliardetti neri.
Come tanti erano i giubbotti rigorosamente in nero (e non solo per ripararsi dalla temperatura rigida, nonostante il sole). “Onore ai martiri delle foibe. Treviso non dimentica” recitava uno striscione di “Continuità Ideale Treviso”.
L’orazione è stata tenuta da Antonio Serena, ex senatore, che ha replicato ad una nota dell’Anpi di Treviso. Anpi che ha chiesto alle autorità di competenza se la manifestazione a Miane era stata autorizzata.
«Occorrono dei permessi per ricordare dei morti? Per portare dei fiori ai morti – ha insistito Serena - servono dei permessi speciali? Bisogna controllare se abbiamo delle mascherine o se facciamo il saluto romano?». Serena ha ricordato che a Combai «sono state sotterrate, infossate ed infoibate almeno 50 persone, perché poi le hanno fatte a pezzi e le hanno bruciate».
Alla vigilia del raduno l’Anpi aveva annunciato di riservarsi di procedere a norma di legge in presenza di nuove espressioni di apologia del fascismo.
Ed ecco che gli organizzatori si sono adoperati per non dar adito a reazioni di questo tipo. «Oggi non esiste più credere in qualcosa perché ci portano a credere solo nel “dio denaro”, nel possesso e nell’avere – è stata la conclusione di Serena - Noi siamo orgogliosi di continuare a credere in quegli ideali e siamo qui oggi proprio per ricordare il loro sacrificio. Lo volevamo fare lo scorso anno, lo siamo tornati a fare quest’anno e lo faremo ancora nei prossimi anni finché avremo un soffio di vita».
