TREVISO. «Il mio cuore sta male: temo per la vita dei miei figli e di mio nipote che hanno deciso di rimanere. Combatteranno in nome del nostro Paese e della nostra cultura». Esordisce così Inna Maladyca, originaria di Ternopil, cittadina del nord-ovest dell’Ucraina, quasi al confine con la Polonia, residente a Treviso dal 2000. Come tanti suoi connazionali è venuta in Italia lasciando la famiglia, un gesto che ha consentito ai suoi figli di sopravvivere nonostante la povertà dilagante.
«A Ternopil vive Damiano, il mio nipotino di dieci anni, frequenta la quarta elementare e cresce in fretta, lo sento quasi ogni giorno, ma non parliamo mai di quello che sta succedendo. È figlio del mio primogenito che ora ha 37 anni e fa l’insegnante e vive poco lontano dall’altro mio figlio di 32 anni, informatico. In città è arrivato l’esercito e ogni giorno viene rinforzato con l’arrivo di altri uomini. L’aria è tesa, c’è povertà e io ho tanta paura per quello che sta per succedere».
«La Russia è arrivata anche in Bielorussia e quindi si sta preparando ad attaccare su tutti i fronti. Cosa posso fare? Preparo le valigie e parto? Sento che non posso essere d’aiuto alla mia famiglia, il mio cuore è lacerato. Entrambi i miei figli dicono che combatteranno per difendere la patria dai russi, per essere lasciati finalmente in pace. Tutta la popolazione, anche le donne, si sta esercitando, si tiene pronta in caso di attacco”.
Inna racconta che questa situazione si sta ormai trascinando dal 2014, quando a Kiev scoppiò il “Maidan”, la rivoluzione di piazza partita dagli studenti con la volontà di portare l’Ucraina fuori dall’influenza della Russia verso la Nato.
Gli scontri furono violenti, lei monitorava la situazione dalla televisione: «Avevo il cuore spezzato, ma ero anche orgogliosa di vedere come il mio popolo stava reagendo, unito e compatto contro chi impone con la forza una lingua e una cultura. Oggi le cose non sono cambiate e mi auguro che le ultime mosse del presidente russo siano solo una tattica per spaventare il mondo, perché in caso di invasione, il problema non sarà solo ucraino».
Durante il racconto, Inna spiega anche di come, nella storia, la loro cultura sia sempre stata osteggiata: «In Ucraina ero professoressa di chimica e biologia ed ero obbligata a parlare e a insegnare in russo, nonostante fossimo nel mio Paese. Gli italiani dicono che non c’è differenza tra noi e i russi, ma non siamo uguali, né per lingua, né per carattere, né per cultura. Sono orgogliosa di essere ucraina e se ci fosse anche solo una minima possibilità di un cambiamento tornerei subito a casa, purtroppo la situazione è destinata a peggiorare».
Inna Maladyka, con l’Associazione La Rondine, ha fondato una scuola per bambini nati a Treviso da genitori ucraini. Si incontrano ogni sabato mattina all’oratorio della Chiesa Votiva: «Diamo la possibilità ai bambini dai 3 ai 13 anni di imparare la cultura ucraina, perché conoscano le loro radici, frequentando otterranno un diploma dal Ministero dell’Istruzione ucraino. Loro riscoprono un’identità e io torno ad insegnare nella mia lingua e un po’ mi si riscalda l’animo».