Oggi 10 febbraio, Giorno del Ricordo, presso la sala della Fondazione An (Via della Scrofa 43) è in corso di svolgimento un incontro sul tema delle Foibe, introdotto dal presidente Giuseppe Valentino. L’occasione è la presentazione della nuova edizione, riveduta e ampliata del libro di Roberto Menia “10 febbraio, dalle foibe all’esodo“.
Sono presenti, oltre all’autore, l’editore Luciano Lucarini e Giuseppe Sanzotta, direttore del Borghese. Seguirà alle 19 la presentazione del docufilm “Io ricordo la terra dei miei padri“, con l’intervento del regista Michelangelo Gratton.
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Spiegò Menia in occasione dell’uscita del suo libro che il testo “non ha la pretesa di essere un testo storico ma un racconto delle tante storie che testimoniano anche dell’effetto che le foibe produssero, distruggendo un ambiente culturale e sociale di 2mila anni”. Un’operazione fondamentale perché la memoria di una Nazione si fonda proprio sul racconto dei singoli eventi. Un racconto che a fatica è riemerso dall’oscurità e che ora viene continuamente oltraggiato da chi vorrebbe farci tornare alle censure e all’oblio del passato sulla tragedia delle foibe.
Roberto Menia, padre della legge che istituì il Giorno del Ricordo, non ha mai smesso di impegnarsi per far comprendere l’importanza di una narrazione per troppi decenni negata. Protagonista di dibattiti nelle scuole, convegni, incontri Menia spiega che il suo libro ha voluto essere l’ulteriore tassello di una battaglia di verità.
«Mi sono chiesto cosa potessi fare di più per dare giustizia a migliaia di infoibati e di esuli istriani e dalmati. E senza la presunzione di essere uno storico ho iniziato a raccogliere testimonianze. Ormai – dice Menia, figlio di un’esule istriana – non c’è quasi più nessuno tra quelli che subirono 75 anni fa la violenza cieca delle foibe. Col loro carico di morti senza croce. E pochi ormai sono anche quelli che dettero vita ad un esodo biblico di 350.000 persone. Che fu un plebiscito di italianità e libertà. Esuli che si sparsero in 117 campi profughi in Italia. Da Trieste a Termini Imerese, da Altamura a Laterina. E finirono poi magari nelle lontane Americhe o nella ancor più lontana Australia. Tocca ai loro figli, e io sono uno di questi, conservare quel che loro è stato donato. Ridare agli italiani, tutti gli italiani, la memoria di quella tragedia incompresa. E ricucire i fili strappati della storia».
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