Il nostro Paese vuole tenersi al di fuori della crisi ucraina. Ma gli impegni nell’alleanza Nato ci coinvolgono in vari «teatri», dove la tensione con la Russia è alta. Un difficile equilibrio tra posizionamento strategico ed esigenze economiche.
La vampata che parte dal cannone del «blindo» Centauro illumina la distesa innevata della Lettonia, dove l’Italia è intervenuta nell’operazione «Guardiano del Baltico». Il nostro contingente conta 238 militari, soprattutto alpini e 135 mezzi terrestri, compresi i cingolati tattici che si muovono su terreni insidiosi e ghiacciati. Il 17 e 20 gennaio gli italiani si sono addestrati nella neve. Questo mostrare la bandiera della Nato in difesa dei Paesi baltici non somiglia neppure lontanamente al dispiegamento di 100.000 soldati russi su tre lati dei confini dell’Ucraina.
Ma siamo pronti a morire per Kiev? «Non siamo in grado di difendere i nostri confini da arrivi gestiti da organizzazioni criminali, con organizzazione non governative che sfruttano la situazione per sbarcare sempre più migranti» commenta Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi difesa. «Mi chiedo come potremmo pensare di difendere i confini altrui, quelli ucraini, da un’improbabile invasione russa. E tantomeno morire per Kiev».
Oltre alla missione «Guardiano del Baltico» davanti alla Russia, l’Italia è impegnata su un fronte più a sud, dove la Romania confina con l’Ucraina. La task force «Tempesta nera» è schierata all’aeroporto militare di Costanza con i Mig-21 romeni. Dai primi di dicembre sono operativi gli Eurofighter 2000 con equipaggi degli stormi di Grosseto, Gioia del Colle, Trapani e Istrana.
«Teoricamente un eventuale attacco russo è un problema dell’Ucraina che non fa parte della Nato e nemmeno dell’Unione europea» sottolinea il generale in ausiliaria Marco Bertolini. «In realtà, sarebbe un attacco agli interessi americani che stanno cercando di cooptare Kiev nell’Alleanza atlantica». Il paracadutista che ha comandato la brigata Folgore e i corpi speciali dice: «L’Italia non avrebbe motivi per intervenire, ma bisogna ricordare che attraverso l’Ucraina passa una parte del gas che arriva nelle nostre case. Se dovesse aggiungersi un ulteriore problema energetico, il discorso cambierebbe in modo sensibile».
Dopo la Guerra fredda, non abbiamo più le forze militari per affrontare un conflitto con l’armata russa. Al posto di 1.300 carri Leopard e M-60 che schieravamo sulla famosa «soglia di Gorizia» ai tempi dell’Urss e del Patto di Varsavia, possiamo contare a malapena su 200 mezzi corazzati Ariete in ammodernamento dal 2019. «In caso di conflitto l’Italia è un punto d’appoggio importante per gli Stati Uni in Europa e saremo coinvolti a prescindere dalla nostra decisione» spiega Bertolini. «È vero che l’utilizzo delle basi dovrebbe essere approvata dal Parlamento, ma per la Libia non è stato così».
La Casa Bianca ha attivato una task force di 8.500 uomini, che dovrebbe venire dispiegata negli Stati Nato vicini all’Ucraina. Truppe scelte come i paracadustisti dell’82esima divisione aviotrasportata e le famose «aquile urlanti» della 101esima. Mezzi e munizioni potrebbero arrivare dai mega depositi livornesi di Camp Derby. A Vicenza la 173esima brigata è stata impiegata nelle guerre a stelle e strisce dal Vietnam all’Iraq. La base aerea di Aviano è una «rampa di lancio» con due squadroni di caccia bombardieri F-16 sempre pronti. I droni Global Hawk di Sigonella, usualmente utilizzati sullo scacchiere africano, sarebbero già stati ripianificati per l’area ucraina.
«Morire per Kiev? Da un punto vista militare non c’è alcuna speranza di resistere contro le forze di Mosca se decidessero di intervenire. Oltretutto l’atteggiamento storico in Italia non è anti russo come altri paesi europei» evidenzia un diplomatico che conosce bene l’area di crisi. Shape, il comando della Nato a Bruxelles, è in allarme anche sul fronte del mare, che ci riguarda da vicino. Sei navi da guerra russe partite a metà gennaio da Severomorsk, sul mare di Barents, e dal Baltico sono in navigazione nel Mediterraneo al largo della Sicilia.
«La flotta non viola la sovranità degli Stati rivieraschi» precisa lo Stato maggiore della Difesa. «Né le forze Nato, né la formazione navale russa hanno posto in essere comportamenti o volontà escalatorie». Per ora nessuna minaccia diretta, ma «l’attività di sorveglianza continua» conclude la nota delle Forze armate. Tre portaerei alleate sarebbero pronte comunque a convergere sul Bosforo, ingresso al Mar Nero e passaggio marittimo chiave per eventuali rinforzi all’Ucraina, compresa la nostra ammiraglia Cavour.
«In questa crisi ci perde l’Europa compresa l’Italia» aggiunge Gaiani. «I rapporti con Mosca fanno parte della sicurezza reciproca nel continente. La Ue è sotto pressione americana dal 2014, dopo la battaglia di piazza Maidan a Kiev e l’annessione della Crimea, per aumentare le sanzioni alla Russia. Se il Vecchio continente è stato incapace di pianificare gli approvvigionamenti di gas, non può delegare agli americani la propria sicurezza energetica e strategica».
Il 2021 ha registrato la risalita dell’interscambio commerciale con la Russia a livelli pre-Covid con esportazioni sui 7,5 miliardi di euro. L’import arriva quasi al doppio, ma riguarda soprattutto il gas. Il 26 gennaio scorso la videoconferenza del presidente russo Vladimir Putin con i vertici delle grandi imprese italiane ha provocato una levata di scudi e mobilitato addirittura il Comitato di controllo parlamentare dei servizi segreti. I colossi dell’energia, come Eni, non hanno potuto partecipare anche se non si parlava certo della crisi ucraina.
«Morire per Kiev? Assolutamente no. Meglio starne fuori» dice Michele Marsiglia di Federpetroli. «Gli Usa fanno di tutto per bloccare il gasdotto Nord stream 2 (che bypassa l’Ucraina e Paesi Ue ostili ai russi per arrivare in Germania, ndr). Rimaniamo neutrali, che risolvano la crisi le super potenze. Non immischiamoci in una situazione tanto delicata».
Il 1° febbraio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha telefonato a Putin per chiedere una «de-escalation delle tensioni» e ottenuto l’impegno che non diminuiranno le forniture di gas all’Italia. Il leader russo ha sottolineato «la necessità che Kiev adotti misure concrete in attuazione degli accordi di Minsk». In pratica l’Ucraina avrebbe dovuto garantire alla regione separatista del Donbass, controllata dal 2014 dai filo russi in armi, una forma di autonomia o sistema federale. «L’Italia ha proposto più volte il modello Alto Adige» rivela la fonte diplomatica di Panorama. «Il governo ucraino ha dimostrato solo una disponibilità di facciata» aggiunge il diplomatico, ma nel pacchetto era previsto «anche un dispiegamento di caschi blu italiani» per garantire che il conflitto congelato non rischi di riesplodere in una crisi più ampia come sta avvenendo nelle ultime settimane.