La lungimiranza di Ludovico Zannini e di Ezio Cantarutti. Dopo un secolo la “creazione” si è trasformata in un mito
La Scuola Mosaicisti del Friuli aprì le porte il 22 gennaio 1922 affinché giovani dello Spilimberghese e delle zone limitrofe potessero imparare un mestiere, quello del terrazziere e mosaicista, assai diffuso nel Friuli occidentale.
Da questa estrema provincia del Regno d’Italia partivano infatti maestranze alla conquista del mondo: Parigi, Vienna, Varsavia, Budapest, San Pietroburgo e poi oltreoceano, a New York, Washington, Boston, e in Sudamerica. Una lista di luoghi che potrebbe crescere se si seguissero le saghe delle famiglie che vivevano a Sequals, Spilimbergo, Fanna e Cavasso Nuovo, dove il mestiere del mosaicista si trasmetteva di generazione in generazione, un sapere tradizionale che, unito a intraprendenza e capacità, aveva reso questi “emigranti”, spinti per necessità a lasciare la loro terra, protagonisti di grandi imprese decorative.
LE OPERE IN GIRO PER IL MONDO
Nella difficile situazione economica e sociale del dopoguerra, era la preparazione culturale e tecnica a fare la differenza per tanti giovani pronti a percorrere le vie aperte dai loro predecessori: non semplici manovali, ma operai specializzati riconosciuti in tutti i cantieri del mondo per le loro particolari competenze. Questa importante intuizione di Ludovico Zanini, sostenuta economicamente dalla Società Umanitaria (ente filantropico di Milano dedito a progetti di educazione e sviluppo sociale), e sostenuta dall’allora amministrazione di Spilimbergo, guidata dal sindaco Ezio Cantarutti, è alla base dell’istituzione della Scuola che dal 1922 forma professionisti nell’ambito del terrazzo e del mosaico.
La Scuola occupò alcuni locali messi a disposizione dal Comune nella ex caserma Bevilacqua, ma il numero crescente degli allievi, oltre trecento, determinò la costruzione di un nuovo edificio, l’attuale ala storica su via Corridoni, in parte finanziato dalla National Terrazzo and Mosaic association del New Jersey, l’unione professionale di ditte americane del settore musivo e pavimentale, quasi tutte fondate da emigrati friulani.
È l’inizio degli anni Trenta e a questo periodo risale anche la faraonica decorazione del Foro Italico: oltre 10 mila metri quadrati di mosaico eseguiti su incarico dell’Opera nazionale balilla tra il 1933 e il 1937.
Le profonde trasformazioni del sistema scolastico italiano determinarono un graduale cambiamento degli studenti che avevano un profilo e delle aspettative diverse dal passato: le martelline non erano più solo prerogativa degli uomini, l’età degli “studenti” si era alzata (molti erano già maggiorenni), aumentava il numero degli stranieri arrivati a Spilimbergo per imparare l’arte del mosaico.
Le riforme per la Scuola arrivarono negli anni Novanta e furono necessarie per recuperare e aggiornare l’obiettivo formativo e di conseguenza tutta l’istituzione. Nel contempo una legge regionale fasalvaguardava l’unicità della Scuola, riconoscendole tre funzioni: la formazione, la produzione e la promozione dell’arte del mosaico.
La Scuola è entrata nel XXI secolo con la consapevolezza che l’antica arte musiva possa rispondere alle esigenze e ai gusti del presente. Le ricerche elaborate nell’ambito del mosaico contemporaneo si sono indirizzate agli spazi architettonici, all’arredo urbano, all’oggetto di design. Ne è un esempio la Saetta iridescente (2004), un mosaico lungo 37 metri, dono della Regione a New York per la stazione della metropolitana del World Trade Center