LUCCA. È passato meno di un giorno dalla sparatoria a Torre del Lago, ma nel giardino di casa, nella campagna che circonda Lucca, agli occhi di Marco Aurelio Filippi i momenti di terrore sembrano già una storia lontana. Però quanta paura. Per lui, per i suoi familiari, per i suoi colleghi chiamati a intervenire mercoledì a Torre del Lago.
Marco Aurelio, 55 anni, è il vigile del fuoco rimasto ferito da un colpo di pistola, mentre stava cercando di aprire la porta dell’appartamento in cui, con il padre novantenne, si era asserragliato un 44enne per evitare di essere sottoposto a accertamento sanitario obbligatorio. Tutta una serie di circostanze fortunate permettono a Filippi di essere qui oggi, a parlarne, con un tono sereno: «Ormai è già tutto metabolizzato e adesso sto bene, anche fisicamente», dice. Ma la paura è stata davvero tanta, anche se è durata solo pochi istanti.
Il dolore al petto
«Subito dopo lo sparo – racconta Marco Aurelio Filippi – ho sentito un forte dolore al petto, poi ho visto il proiettile a terra e il sangue. E lì, sul momento, ho pensato che quel proiettile mi avesse attraversato il corpo, e che fossi stato ferito in modo grave. Ma quasi subito mi son reso conto che la situazione non era poi così preoccupante, e che ero stato ferito solo in modo superficiale».
Tutto metabolizzato dice il protagonista, ma al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere un brivido corre inevitabilmente lungo la schiena. Succede quando il vigile del fuoco indica, portandovi sopra la mano, il punto in cui il proiettile lo ha colpito: lì sotto c’è il cuore.
«Fortunatamente si è trattato di un proiettile di piccolo calibro – riprende – mi pare un 22, e il proiettile nell’attraversare la porta ha perso molta della sua potenza». Così, quando è arrivato a contato col corpo dell’uomo, il proiettile anziché penetrare nell’organismo è di fatto rimbalzato, provocando un forte dolore costale, una ferita superficiale, e basta. «Mi hanno portato d’urgenza in ospedale ma già in serata sono potuto tornare a casa da mia moglie e dalle mie figlie».
Già stato in quella casa
Per lui pochi giorni prognosi, prima di rientrare al lavoro alla caserma dei vigili del fuoco di Viareggio, dove ha trascorso gran parte della sua carriera da quando, nel 1998, è entrato nel corpo. E che quello del vigile del fuoco sia un lavoro ad alto rischio non lo scopriamo certo oggi, e non ci riferiamo solo agli incendi o a tutte le situazioni di pericolo “standard” che vedono gli uomini in rosso in prima linea. Anche le storie come quella di Torre del Lago non sono poi così insolite, anche se, in questo caso specifico, nessuno si attendeva una reazione del genere.
Quell’abitazione in cui, per poco, non si è consumata la tragedia, i vigili del fuoco, e lo stesso Filippi, la conoscono bene: «Eravamo dovuti intervenire già altre volte per lo stesso motivo – racconta l’uomo – quando l’uomo si chiudeva in casa per non far entrare i sanitari. Io ero stato da lui un paio di mesi fa». Ormai erano quasi interventi di routine, sempre risolti in pochi attimi. Poi è arrivata l’ennesima chiamata e la routine ha lasciato il posto a qualcosa di completamente inatteso: «Anche mercoledì siamo intervenuti perché l’uomo aveva chiuso la porta e non voleva fare entrare nessuno – prosegue l’uomo – ma questa volta, quando con un collega abbiamo provato a entrare, è successo quello che è successo. Una situazione inattesa, perché non c’era mai stata una reazione del genere, ma anche perché non risultava che quella persona possedesse armi».
Però di quella giornata Filippi non conserverà solo un brutto ricordo. In mezzo a quell’incubo è emersa anche una luce, rappresentata dai tanti attestati di solidarietà ricevuti: «Il primo a chiamarmi è stato il comandante provinciale Carmine Daidone – racconta il vigile del fuoco – che è stato presente sin da subito e mi è stato molto vicino, ma, da ieri, il mio telefono non ha smesso di squillare un attimo».
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