Crollano azioni e titoli di Stato, persino il gigante Gazprom è nella tempesta: segnali che Putin potrebbe davvero lanciare un blitz, anche come diversivo
Mentre Washington minaccia di impedire alla Russia gli accessi alla rete finanziaria internazionale, Mosca vuole chiudere di sua sponte un’altra porta, mettendo al bando le criptovalute. Una relazione della Banca Centrale russa propone di proibire la circolazione e il mining del bitcoin e dei suoi simili sul territorio nazionale, per bloccare una «minaccia considerevole al benessere dei cittadini... proveniente da attività illegali». Così milioni di dollari abbandonavano le piazze di contrattazione di criptovalute, e la responsabile per la stabilità finanziaria della Banca Centrale Elizaveta Danilova correva ai ripari, precisando che i russi potranno continuare a detenere i bitcoin, ma soltanto attraverso giurisdizioni internazionali. L’agenzia Bloomberg sostiene che a chiedere di mettere fuori legge le criptovalute sia stato il servizio segreto Fsb, che vorrebbe così bloccare le donazioni dei seguaci di Alexey Navalny: la sua organizzazione ormai fa crowdfunding all’interno della Russia quasi esclusivamente in Bitcoin.
Una notizia che arriva a scuotere mercati già nervosissimi: l’indice di borsa MMVB ha perso il 22,3% in tre mesi, nonostante il prezzo del petrolio – principale prodotto di esportazione russo - abbia raggiunto il massimo dal 2014. Metà della caduta della borsa si è registrata nell’ultima settimana, quella degli intensi e infruttuosi negoziati tra russi e americani per evitare l'escalation militare al confine con l’Ucraina. A perdere di più sono stati i titoli finora considerati solidissimi di società e banche statali come il monopolista Sberbank, cioè quelli considerati a maggior rischio di sanzioni occidentali. Anche i rendimenti sulle obbligazioni decennali in rubli OFZ sono schizzati al massimo da cinque anni, al punto che il ministero delle Finanze russo è stato costretto a cancellare l'asta settimanale. Analisti finanziari hanno riferito al Financial Times di investitori che vogliono «uscire dalla Russia a qualunque prezzo». Ma la minaccia del presidente Joe Biden di impedire alle banche russe di operare in dollari, per quanto non ancora concretizzata nei neccanismi, potrebbe colpire anche i comuni mortali: le società e i cittadini russi detengono circa 86 miliardi di biglietti verdi, e la domanda di valuta americana ed europea continua ad aumentare, un altro sintomo di insicurezza.
Non è la prima volta che Vladimir Putin subordina l’economia alla politica: già nel 2003, l’arresto di Mikhail Khodorkovsky e la nazionalizzazione forzata del suo impero petrolifero Yukos avevano fatto collassare gli indici. L’ultimo braccio di ferro con l’Occidente è costato circa 200 miliardi di dollari bruciati in borsa in tre mesi, a danno essenzialmente dello Stato e degli stessi oligarchi del regime. Questo senza contare le perdite di Gazprom, le cui forniture in Europa sono precipitate dall’inizio del 2022 al minimo dal 2015, e quasi della metà rispetto a 12 mesi prima. Uno dei motivi è stata la riduzione del gas fornito, e il capo della Agenzia internazionale per l’energia Fatih Birol ha accusato i russi di farlo intenzionalmente per aumentare i prezzi. Gazprom però è stata la prima a rimetterci: gli europei hanno ridotto drasticamente l’acquisto di gas sul mercato spot, e i gasdotti russi funzionano a metà potenza. Un segno che potrebbe indicare un errore di calcolo sul comportamento dei mercati, ma anche preparativi a un’ulteriore escalation politica.
Il legame con le tensioni internazionali infatti è evidente: martedì scorso i mercati russi sono rimbalzati appena il caponegoziatore russo Sergey Ryabkov ha giurato che Mosca non avrebbe «attaccato né invaso in alcun modo l’Ucraina». L’interrogativo sulla fattibilità non solo militare ma anche economica della guerra rimane aperto, e non a caso molti commentatori vicini all’opposizione anti-putiniana continuano a ritenere l’ipotesi dell'invasione del Paese vicino un bluff, una «trappola» come l’ha definita nell'intervista rilasciata dal carcere alla rivista Time lo stesso Navalny: «Prima minaccia, poi mercanteggia, infine si ritira e poi ricomincia da capo». Ma i mercati sembrano cominciare a temere che non sia solo un bluff.