Consumatori “meritevoli” accumulano centinaia di migliaia di euro di debiti. C’è la donna eporediese separata con 287mila euro da pagare, c’è l’uomo di Rivarolo che dopo una malattia ne mette insieme 123mila. Ma la via d’uscita esiste
IVREA. Il caso più famoso visto dal tribunale di Ivrea è senza dubbio quello della showgirl Cristina Chiabotto, indebitata con il fisco per 2,5 milioni di euro. Sarebbe ingeneroso, però, ridurre a questo in tempi di Covid e povertà galoppante la cosiddetta legge salva suicidi, ovvero la 3 del 2012, che permette a consumatori, artigiani, piccoli imprenditori, agricoltori di afferrare per l’elsa la spada di Damocle dei debiti. Perché tra di loro c’è anche il rivarolese che lavorava nel settore pubblico e si è ritrovato fuori di 123mila euro dopo seri problemi di salute. O la donna di un piccolo paese dell’Eporediese con tre figli, che ha accumulato 287mila euro di debiti dopo una separazione improvvisa dal marito, che aveva smesso di versarle gli alimenti e che, ormai, non riusciva più a soddisfare neanche le proprie esigenze di vita, visto che aveva perso il lavoro.
Sono 25 le procedure alternative al fallimento, depositate in tribunale a Ivrea nel corso di tutto il 2021. Lo stesso numero di persone aveva fatto richiesta di iscrizione fino al 30 giugno. Nell’anno sono stati presentati 5 accordi di composizione della crisi, 10 liquidazioni e altrettanti piani del consumatore.
Sono questi ultimi, in particolare, a raccontarci le storie dei super debitori. Per cui la legge prevede che «i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile». Insomma, è possibile evitare di soddisfare del tutto i creditori, se si dimostra che si può arrivare al massimo fino a un certo punto. Ad esempio il piano del consumatore della donna con tre figli, già approvato, permette di pagare 580 euro al mese per quattro anni, fino ad arrivare alla somma di 27.840 euro in quattro anni, più un versamento di 5mila una tantum. Poco più del 10% del debito originario, dunque.
Il rivarolese, invece, ha proposto al giudice di procedere in un modo diverso. Ha chiesto e ottenuto il Tfr all’azienda pubblica per cui lavora e pagherà circa 28mila euro - incluse le spese per la procedura più il 16% circa del debito -, entro sessanta giorni dall’omologazione del piano. Sempre se il giudice deciderà di omologarlo, perché in questo caso si attende ancora il via libera definitivo.
Certo, per accedere a questa procedura bisogna avere dei requisiti. Bisogna essere, cioè, in stato sovraindebitamento - e non un passivo qualunque che può esser soddisfatto - e meritevoli. Si deve dimostrare, insomma, di non aver sprecato soldi durante il periodo in cui pagherò e finanziamenti si sono accumulati, senza possibilità di essere davvero onorati.
D’altronde, si parla di “composizione della crisi”. Da qualche parte nella vita di un super debitore c’è sempre un momento di frattura. E l’obiettivo della legge è ricomporla.
Nel caso del rivarolese si è trattato di tante piccole crepe sommate. Nel 2008 ha costituito una società insieme alla ex moglie. Nel 2010 ha effettuato la cessione del quinto per corrispondere le spese familiari. Poi, nel 2012, un altro prestito. Nel 2013 iniziano i problemi di salute, che lo allontanarono dal lavoro. Nel 2014 si è separato dalla moglie. Nel 2016 è tornato a vivere con i genitori. Poi le sue condizioni di salute non fecero che peggiorare.
L’eporediese, invece, si è trovata sola, improvvisamente, con tre figli di 17,13 e 11 anni. Alla fine ha anche perduto la casa. Ma, se onorerà il piano predisposto, i suoi debiti saranno cancellati in quattro anni. —