Il paradosso che vive X Factor ha del clamoroso: proprio mentre i Måneskin trionfano a livello globale, il format che li ha lanciati vive una profonda crisi. Doveva essere l’edizione della svolta, complice l’adieu di Alessandro Cattelan e l’azzeramento delle categorie, invece il pubblico pare essersi nuovamente disaffezionato allo show dopo il rimbalzo degli ascolti dello scorso. Quelli dei Live certificano il momento di difficoltà, Italia Oggi ha messo insieme i numeri e il risultato è impietoso: -50% rispetto al 2020, -30% rispetto al 2019 (edizione di scarso successo, come dissero gli stessi vertici Sky e a seguito della quale ci fu un restyling che diede nuova linfa allo show) e addirittura -65% su 2018 e 2017.
Il trionfo (a sorpresa di Baltimora) è stato visto da 1.301.000 telespettatori con il 6.2% di share, sommando i numeri di Sky Uno e Tv8, mentre lo scorso anno il totale sfioro l’1,9 milioni di telespettatori e l’8% di share. Le cause del calo di ascolti? Sono molteplici. A cominciare dalla diminuzione del numero di abbonati di Sky da quando ha perso i diritti della Serie A, passando per la disaffezione del pubblico televisivo per gli show musicali (i grandi eventi sono un’eccezione) e questo per un programma che mette «la musica al centro» è in problema serio. E Manuel Agnelli, uno che queste dinamiche le conosce bene, è stato tra i primi a notarlo. Tradotto in altre parole: il pubblico si è disabituato ad un certo tipo di racconto televisivo, prevale l’attenzione per le storie e soprattutto per i personaggi, critica il trash ma poi apprezza i toni urlati e non disdegna la tele-rissa (è mancata pure quella, perché a parte qualche fisiologica frizione, i giurati non hanno battibeccato in maniera pensante come invece è avvenuto più volte in passato).
X Factor sconta poi altri due fattori da non sottovalutare. Da una parte c’è una sorta di “effetto rimbalzo” post lockdown, sintetizzato da Hell Raton: «La gente ha voglia di vivere, andare al parco, leggere un libro all’aria aperta» e per questo secondo il produttore/giudice si assiste a un calo della musica, degli streaming e anche degli ascolti. Dall’altra un progressivo logoramento del format a livello globale, tanto che in Gran Bretagna è fermo da ormai due stagioni e dopo quindici stagioni non è stato rinnovato anche per volontà dello stesso ideatore, Simon Cowell. In Italia è praticamente certo che ci sarà un’altra edizione nel 2022, visto che sul finale di puntata il conduttore Ludovico Tersigni ha annunciato l’immediato avvio dei casting. Sarà dunque interessante vedere quale direzione seguiranno Sky e Fremantle, la casa produttrice, per rivitalizzare il format che ha dei codici molto rigidi e precisi. La giuria formata da Agnelli, Emma, Hell Raton e Mika ha funzionato bene e di certo non è il punto debole dello show. La conduzione di Tersigni è stata incolore, ma non si poteva pretendere di più da un giovane attore alla sua prima esperienza televisiva. L’impianto dello show ha un sapore internazionale ma non solo per gli ospiti (anche se sono pochissimi i programmi in Italia a potersi permettere il lusso di avere i Coldplay o Ed Sheeran): le messe in scena realizzate da Laccio e Shake, la regia e le luci, durante la finalissima hanno riconfermato - qualora ce ne fosse ancora bisogno - che gli italiani lo spettacolo la sanno fare e spesso danno i punti alle produzioni straniere. Dunque, dove intervenire? Tornando alle origini, suggerisce qualche addetto ai lavori, oppure puntare su una svolta più pop e meno sperimentale. Oppure prendendosi un «anno sabbatico» per ripartire di slancio e trovare i prossimi Måneskin.