Gli anni '90 sono "riapparsi" ormai da tempo nella moda, ma tutti i nostalgici riferimenti ad abiti da lavoro, abbigliamento sportivo e tie-dye sono una pallida imitazione della realtà di quel decennio. C'è un elemento culturale essenziale e, soprattutto, una sensibilità di fondo che manca. Se avete visto il film Pret-a-Porter di Robert Altman, il documentario sullo stilista Isaac Mizrah, dal titolo Unzipped, diretto nel 1995 da Douglas Keeve, le immagini delle sfilate di Helmut Lang o Martin Margiela dello stesso periodo, probabilmente sapete di cosa sto parlando. Si tratta della moda vissuta non come fenomeno di massa a livello del calcio o dell'hip-hop ma come sottocultura generata da un pantheon di personalità sconosciute al resto del mondo. Era un ambiente simile al piccolo club clandestino, riservato ai freak più scatenati dello stile. Un universo dove Margiela, Lang e Yohji Yamamoto producevano forme e idee fuori dal comune che solo pochi esperti, accanto a un piccolo ma appassionato gruppo di consumatori, potevano apprezzare.

Questo è lo spirito a cui Demna Gvasalia, direttore creativo di Balenciaga, si è ispirato per la sua sfilata pre-fall  2022. Una scelta a cui dobbiamo essere molto grati, compresa quella di firmarsi nelle note di presentazione solo Demna, come Prince, Madonna e Ye. La collezione si presenta con un film low-fi diretto da Harmony Korine, il re del grime subculturale degli anni '90, e tanto di videocassetta digitale a nastro contrassegnata "Balenciaga: The Lost Tape". La sfilata inizia con caotiche scene di backstage e arrivi sul tappeto rosso che includono adoranti interviste a Isabelle Huppert e Cathy Horyn. "Sa come rendere al meglio la modernità," afferma la Horyn, incarnando il classico commento sulla moda degli anni '90 che è allo stesso tempo insensato e geniale. Il lookbook è composto da una serie di polaroid, con nomi e numeri di look scarabocchiati con il pennarello. Se avete digitato "Fashion TV" su YouTube o vi considerate fanatici di Tim Blanks, conoscete bene l'atmosfera che Balenciaga ha saputo cogliere riproducendola con vivida verosimiglianza.

È stato bello "tornare di nuovo a quell’epoca", anche se Demna non ha vissuto gli anni ‘90 da protagonista. È stata un’esperienza divertente dopo quanto ha fatto durante l'anno passato, quando ha vestito le persone più famose del mondo, da Kim Kardashian West a Justin Bieber e si è imbarcato in progetti che avrebbero portato il senso estetico del suo lavoro a un pubblico senza precedenti: Ye, The Simpsons e Fortnite.

La giacca Hourglass aggiornata.
Courtesy of Balenciaga.

O forse è stato un po’ ripulirsi, riprendere fiato e tornare a una sorta di perfezione iniziale. Di recente abbiamo nominato Demna, Designer of the Year 2021, e lui ha risposto ai nostri interrogativi scrivendoci su come, nonostante abbia iniziato a lavorare con lo spirito del provocatore, sia diventato un vero amante della moda. Ora sembra credere nel sistema, anche se ne è stato inglobato. Ha dichiarato di avere trovato un equilibrio che gli permette di apprezzare le cose semplici e in apparenza più scontate: la bellezza, le celebrità e i grandi abiti.

Courtesy of Balenciaga.

C'è anche un particolare entusiasmo e mancanza di cinismo in questo progetto, qualità che oggi definiscono il lavoro di Demna e che mancavano, per esempio, nella sua sfilata di cyborg hacking dello scorso maggio, in cui i loghi e gli stili di Gucci sono apparsi sulla passerella di Balenciaga dopo che Alessandro Michele di Gucci aveva fatto lo stesso nell’ambito del singolare esperimento dei due marchi chiamato "The Hacker Project". Mi chiedo se è questo che Demna vuole far emergere, o riportare, nella moda: un senso di calore e strana sincerità, l'opportunità di un rifugio offerta da una comunità. Non saremo mai in grado di tornare al senso di intimità degli anni ’90, siamo andati troppo oltre con la moda che oggi è pienamente entrata nella cultura popolare e, allo stesso modo dello sport o dei film della Marvel, è raramente sottoposta a un vero esame critico. Però è sicuramente importante e bello riflettere su ciò che abbiamo perso, come suggerisce il nome della videocassetta analogica di Balenciaga. Questo è probabilmente il motivo per cui gli anni Novanta rimangono una pietra miliare di paragone nella moda, anche se la gente già vorrebbe anticipare un revival dell'anno 2000: le tecnologie erano più arretrate, certo, ma le persone si relazionavano tra loro e con gli oggetti in modo così diverso, considerando la musica o la moda come qualcosa che parlava direttamente a loro. L'idea di una personale come performance era inimmaginabile.

Courtesy of Balenciaga.

Ma c'è anche qualcosa di sovversivo in questa collezione, evidente soprattutto negli abiti. Non solo l'ammorbidimento delle forme, come nel blazer a clessidra elegantemente affusolato, ora con risvolti arrotondati, e il restringimento di camicie e maglie che era molto in stile Y2K ("True Life: I'm Addicted To Fashion"!). La sovversione è nella palette di colori tutti neri che negli anni '90 rappresentava il segno distintivo dei veri conoscitori di moda, i veri fashion addicted, definiti “cognoscenti”. Esiste ancora un èlite di fashion “cognoscenti”?
Viene da chiedersi se stiamo tornando a una frenesia, pettegola, per sempre lontana  dallo stile dettato da John Fairchild nell’arte di consumare la moda. Il fascino della cattiveria fine a se stessa che ha preso il posto dell’amore per un reale scambio critico, insieme all'eccessiva bruttezza della maggior parte degli abiti firmati, mi fanno pensare che siamo in un periodo più simile agli anni '80 che ai cerebrali ma vivaci anni '90. Persino Gianni Versace, che corteggiava le celebrità e creava top model, era un intellettuale da sogno! Questa collezione di Balenciaga è piena di vestiti intrisi di cultura e passione per la moda. Come dicono le note della sfilata: "Ricorda un tempo in cui l'abbigliamento era vivo e pieno di idee grezze, dall’anti-moda, alla decostruzione, fino minimalismo monocromatico e permeava ogni cosa, da uno spettacolo dell'industria all'attivo underground".

Nella collezione mancano i loghi, che può sembrare una stravaganza del red carpet di Demna. Ma l'effetto qui è diverso e meno distraente. Ancora una volta, una pulizia della tavolozza dopo il progetto Gucci, che sembra aver generato una serie di collezioni copiate, come Fendace (Versace x Fendi). Questa collezione, invece, è stata un gesto di pura moda, che farà impazzire di gioia i devoti e alzare le spalle a chi non sa coglierne le sfumature. Come fa la gente a sapere che il mio cappotto da 2000 dollari è Balenciaga? Beh, cara: se lo sai, lo sai.

Articolo tratto da GQ US

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