REGGIO EMILIA. Il secondo titolo della stagione lirica, “Werther” di Massenet, frutto di una coproduzione allargata con i Teatri di OperaLombardia, Comunale di Modena, Comunale di Ferrara e Teatro Verdi di Pisa arriva al Valli questa sera (ore 20) e domenica (ore 15.30) con una sostituzione dell’ultimo momento. Sarà Sonia Ganassi a interpretare il ruolo di Charlotte a seguito del forfait di Veronica Simeoni per un infortunio: con Sonia Ganassi il tenore Roberto Demuro nel ruolo di Werther. Così avremo modo di ascoltare il nostro mezzosoprano in uno dei personaggi più congeniali con cui debuttò a Reggio Emilia nel 1999 (l’anno prima vinse il premio Abbiati) in una bellissima produzione accanto a Giuseppe Sabbatini.
Ispirato al romanzo “I dolori del giovane Werther” di Goethe, su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann, l’opera narra la tragica vicenda amorosa fra il protagonista e Charlotte. Per un giuramento fatto alla madre sul letto di morte, la giovane decide di rinunciare a Werther in favore di Albert. La disperazione porterà il protagonista al suicidio, non prima di rivedere l’amata un’ultima volta.
Andato in scena per la prima volta il 16 febbraio 1892 alla Hofoper di Vienna, “Werther” è considerato il capolavoro del compositore francese scritto sulla soglia dei suoi cinquant’anni e dopo i successi di “Manon” e “Hérodiade”. È suggestivo il racconto che fa del suo incontro con l’opera letteraria di Goethe nel libro di memorie “Mes souvenirs”: egli ricorda come il suo editore Georges Hartmann lo accompagnasse a Bayreuth per il Parsifal, offrendogli una traduzione francese del romanzo di Goethe allorché, sulla via del ritorno a Parigi, fecero tappa a Wetzlar, il luogo originale della vicenda. Leggendolo al tavolo di una birreria locale egli si commosse fino alle lacrime, specie per la citazione dei versi di Ossian «Pourquoi me réveiller» che Werther avrebbe poi cantato in un drammatico snodo dell’opera. Dramma lirico romantico, dunque, che il regista Stefano Vizioli legge con una regia minimalista, ma precisa: «Con lo scenografo Emanuele Sinisi abbiamo immaginato un grande foglio bianco accartocciato in alto da una mano nervosa – spiega – un foglio che talvolta accoglie parole che si compongono e scompongono, macchiate da un inchiostro che cola, diventa lacrima o sangue, un tentativo scenografico di rapportarsi allo stile epistolare della fonte originale tedesca». Massenet «ribalta ciò che per definizione è la scrittura d’opera», spiega il direttore d’orchestra Francesco Pasqualetti, che dirige la Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti: «È come se l’orchestra dicesse o cantasse ciò che con la voce non è più permesso dire. Ciò che a voce non si può dire. È una melodia che viene da dentro, da sotto, da un luogo nascosto come una buca d’orchestra, nascosto come nell’anima». Ed è proprio l’orchestra a ricordare come la destinazione finale del giovane Werther non sia il paradiso, ma la dannazione dell’inferno. Sul palco i solisti della Scuola Voci Bianche del Teatro Comunale di Modena a cui si aggiungerà, nella parte finale dell’opera, il Coro delle Voci bianche della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia (diretto da Costanza Gallo), progetto nato nel 2016 e ripreso recentemente dopo l’emergenza covid, a cui partecipano una trentina di ragazzi tra i 7 e i 18 anni.
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