TRIESTE. Quale miglior modo per un artista di festeggiare i propri ottant’anni se non con una mostra?
Accade così per Franco Dugo, che sabato 11 dicembre, alle 17.30, inaugurerà alla Galleria Sagittaria di Pordenone l’esposizione intitolata “Franco Dugo. Interrogare la vita. Dipinti, disegni, carte d’atelier”. A curarla l’amico di una vita, il suo critico di riferimento, Giancarlo Pauletto, il quale ha voluto ripercorrere l’intera parabola dell’artista attraverso i temi a lui più cari, partendo dagli inizi per giungere sino ad oggi, attingendo, in questa speciale occasione, anche ad un cospicuo numero di opere inedite tra schizzi, disegni, studi preparatori.
È la parabola di un artista che “più goriziano non si può” come scrive nel testo di presentazione Francesca Vassallo, presidente del Centro iniziative culturali Pordenone. Nel lavoro di Dugo c’è infatti tanta Gorizia: la città in cui ha scelto di vivere, la Gorizia di Basaglia e la Gorizia città di confine, di un confine aperto, verso l’est dell’Europa; e c’è il Carso, inteso come condizione ancor prima che come paesaggio proprio, nel suo stare tra cielo e mare, tra l’essere e il nulla.
In mostra il visitatore potrà incontrare tanti volti e tanti personaggi che nel corso degli anni hanno popolato l’immaginario e la vita stessa del pittore, insieme agli alberi, i cipressi, i boschi, le colline del Collio, le nuvole e il mare.
La storia artistica di Dugo inizia con la figura umana, con lo studio di anatomie tormentate, frammentate, parzialmente cancellate, che nei primi anni Settanta risentono dei suoi sguardi oltre confine, in particolare all’opera di Jiři Anderle. Del pittore e grafico ceco riprende il segno impietoso nell’indagare nel profondo l’animo umano, mentre in alcune esasperazioni espressionistiche, come ad esempio nella serie dedicata ai “Burocrati”, rielabora la fascinazione derivatagli dalla pittura di Francis Bacon.
Nei medesimi anni testimonia attraverso disegni e dipinti la malattia mentale, seguendo da vicino l’esperienza di Franco Basaglia all’ospedale psichiatrico di Gorizia. Accanto alle tecniche miste su carta, l’olio su tela “Mi taglierò la mano destra” è tra le opere in mostra sicuramente la più forte a livello di impatto emotivo.
Passando dalla contemporaneità alla grande arte del passato Dugo incontra poi la Gioconda: ne ridisegna il volto, ne reinterpreta l’identità, ricostruisce la vicenda del suo furto rievocando i vari protagonisti: da quel Vincenzo Peruggia che nascose il dipinto di Leonardo sotto il cappotto andandosene via dal Louvre in autobus, al truffatore Eduardo de Valfierno, probabile mandante, che del celebre ritratto fece realizzare varie copie per poi spacciarle come autentiche.
Sempre attraverso il disegno si decide, poco dopo, a ricostruire la propria storia, quella familiare, quella del rapporto con un padre carabiniere i cui ricordi si perdono nell’infanzia. Basandosi su vecchie fotografie ne rifà i contorni, ne ricerca il carattere, ne intuisce il sentire, in un dialogo intimo e silenzioso, fatto di sguardi. Un’ampia galleria di personaggi è rappresentata quindi dai boxeur, a ricordarci che lo stesso Dugo in gioventù è stato pugile dilettante: ai più noti Battling Siki, Rocky Graziano, Primo Carnera, si alternano anonimi volti dai nasi schiacciati e dalle espressioni per lo più sorridenti, positive, come a dire che, in ogni caso, ne valeva la pena.
A seguire i ritratti di scrittori, musicisti, pittori: introdotti dalla figura del sassofonista, compositore statunitense John Coltrane, schizzi, studi, disegni di piccole e grandi dimensioni di autori conosciuti direttamente o indirettamente, da Picasso a Piero Guccione passando attraverso Miles Davis, Pablo Neruda, Mario Luzi, Mario De Micheli, fino a Derick Thomson e Norman MacCaig nei disegni realizzati per il libro di Marco Fazzini “Conversations with Scottish Poets” (University of Aberdeen Press, 2015).
Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta l’artista aveva iniziato a interessarsi alla natura: è l’immagine del cipresso, dal tronco simile ad un fascio di muscoli e tendini pulsanti di vita, ad aprire un nuovo capitolo della mostra e una nuova via dove riflettere sul senso dell’esistenza. L’andamento talvolta tortuoso e accidentato di tronchi e rami di cipressi, meli o castagni, pare alludere alle difficoltà della vita, suggerendo al tempo stesso un grande senso di libertà e vitalità, nelle sue più ampie possibilità ed esaltazioni.
Dall’albero si giunge così al bosco, al bosco dei castagni e all’Uomo dei castagni: Dugo viene a raffigurare un moderno viandante che come quello di Friedrich volta le spalle allo spettatore, per perdersi nell’infinito della natura, arrivando infine “Davanti al mare”. E se Saba guardava “il mare sterminato” da Contovello, Dugo si incanta a guardarlo all’altezza di Duino, specie di sera. Tra le ultime opere realizzate dall’artista su questo soggetto c’è un suggestivo “Tramonto”, un acquerello, del 2021. Come del 2021 è l’“Autoritratto con Grigetta”, l’inseparabile gatta che nello studio di Dugo, tra libri, riviste, dipinti, carte e incisioni si è sempre aggirata, perfettamente a suo agio.
La mostra, arricchita da un catalogo con un testo del curatore e la biografia completa dell’artista (Edizioni Concordia 7), sarà visitabile fino al 13 marzo 2022.