TRIESTE La Procura ieri ha disposto l’autopsia sul corpo di Alina Trush, la quarantatreenne di origini ucraine trovata morta la scorsa settimana nel suo alloggio al quinto piano di viale D’Annunzio 28.
L’incarico è stato conferito a un’équipe di consulenti: un medico legale e un esperto in tossicologia. L’intenzione degli inquirenti, prima di indirizzare l’indagine, è capire con esattezza le cause del decesso. Tutt’ora un mistero: da quanto risulta la vittima non aveva addosso alcun segno di violenza.
Gli esami tossicologici serviranno ad accertare se la donna, che aveva problemi di tossicodipendenza, avesse ingerito sostanze stupefacenti.
In casa è stata rinvenuta almeno una boccetta di metadone, oltre a una siringa.
Gli inquirenti, in attesa dell’esisto delll’autopsia, mantengono massimo riserbo sul caso. Tanto più sulla figura del compagno che conviveva con Alina: un uomo che in molti definiscono violento, a iniziare dai parenti della vittima.
I vicini, peraltro, hanno riferito che tre giorni prima del ritrovamento del cadavere, dunque domenica 28 novembre, avevano assistito a un furibondo litigio tra la quarantatreenne e il compagno. Sul posto era intervenuta anche la polizia.
«Era circa ora di pranzo – aveva testimoniato una persona che abita nello stesso palazzo – un uomo che si vedeva spesso con Alina si era messo a gridare in pianerottolo “ti ammazzo, ti ammazzo” e dava calci sulla porta e su quelle degli altri appartamenti. Era in escandescenze e gridava anche a noi vicini che ci avrebbe ammazzato se avessimo chiamato le forze dell’ordine».
Il cadavere era stato scoperto proprio dalla polizia giudiziaria, che si era presentata a casa della donna per notificarle un atto giudiziario riguardante un’aggressione subita in precedenza.
Cosa è successo dopo quella domenica? È questo che gli investigatori della Mobile e della Scientifica puntano a ricostruire. «Faremo le nostre valutazioni sulla base dell’autopsia», osserva il procuratore Antonio De Nicolo. «Al momento non è possibile dire altro».