boccaleone. Nella voce dell’avvocato Fabio Anselmo si è letta ieri una speranza in più: quella di arrivare fino alla fine e dare giustizia alla famiglia Bergamini, che ormai da decenni lotta per conoscere la verità sulla morte di Denis.
Ieri mattina, in Tribunale a Castrovillari, si è svolta la prima parte dell’udienza preliminare del processo. Accusa e parti civili hanno spiegato davanti al Gup Lelio Festa perché a 32 anni dalla morte del calciatore del Cosenza dev’essere rinviata a giudizio Isabella Internò, accusata di omicidio volontario pluriaggravato. «Lei sa e sapeva cosa è successo quel giorno - dice Anselmo -, ma ha sempre mentito. Il pm Primicerio ha svolto una requisitoria formidabile. C’è tanta voglia di verità. Abbiamo portato all’attenzione del giudice le gravissime negligenze dopo la morte di Denis, che hanno portato la famiglia Bergamini a una maratona di oltre 30 anni dal punto di vista giudiziario che sta sfiancando anche una guerriera come Donata…». E proprio ieri Donata Bergamini non c’era. Non sta bene e al suo posto è andata la figlia Alice Delle Vacche.
«Dal punto di vista morale – ha aggiunto Anselmo – capiamo che 30 anni di procedimenti giudiziari possano portare sofferenza alla signora Internò, che però deve fare soltanto mea culpa: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Si lamenta del processo mediatico, ma dimentica che la famiglia Bergamini ha rinunciato a 1 miliardo di risarcimento per ottenere Verità e Giustizia e restituire dignità a quel corpo».
cosa è Emerso
«Le menzogne della Internò – ha sottolineato ancora Anselmo – sono fondamentali. Ha parlato del tuffo che sarebbe avvenuto vicino a lei e alla macchina e non è mai esistito, del fatto di aver preso la macchina per raggiungere il corpo a 60 metri e di un trascinamento che non è mai esistito. Lo schiacciamento del torace non c’è. Ma di cosa stiamo parlando? Chiediamolo alla signora Internò, se ce lo spiega forse ci convinceremo che è innocente…». Il corpo di Denis era già disteso a terra quando il camion gli è passato su. «Non si è suicidato, non ci crede più nessuno. Adesso basta, adesso bisogna dare dignità e verità a quel corpo».
E non possono non tornare alla mente la parole del professore Francesco Maria Avato, medico legale che nel 1989 fu chiamato ad eseguire l’autopsia sul corpo del calciatore. «Qualcuno oggi sostiene che nella mia perizia ci sono degli errori - aveva detto alla Nuova - Ho catalogato delle fratture sul lato destro del corpo invece che sul lato sinistro. Sinceramente sono dettagli che non ricordo bene. Ricordo però perfettamente quello che ho scritto: Bergamini è certamente morto prima di essere messo sotto alle ruote del camion. Ricordo di aver detto che il suo corpo è stato schiacciato e che l’ipotesi del suicidio non ha mai retto. Ma nessuno, 30 anni fa, ha voluto ascoltarmi». Lunedì 20 toccherà alla difesa .
Annarita Bova
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