I sindaci di San Benedetto Po e Viadana: sarebbe contraria alla nostra visione politica degli ultimi anni
Sandro Mortari
No al nucleare. Viadana e San Benedetto Po, i territori individuati tempo fa dal governo come sedi di centrale all’atomo, chiudono la porta all’ipotesi rilanciata dal leader della Lega Salvini per ridurre la bolletta energetica delle famiglie. Contrario anche il mondo dell’agricoltura, con la sola Confagricoltura pronta a discuterne.
Comuni contrari
Il primo cittadino di San Benedetto Po, Roberto Lasagna, è esplicito: «Una centrale nucleare da noi – dice – andrebbe contro la visione politica nostra e dei territori vicini che punta ad essere green, in armonia con ambiente e territorio». E spiega: «Dal comitato che anni fa si oppose alla centrale e che noi appoggiammo uscì un sindaco, Marco Giavazzi, il mio predecessore. Con la politica fatta in questi anni a San Benedetto e in tutto l’Oltrepò abbiamo cercato l’ecocompatibilità di tutti gli interventi e, quindi, una centrale nucleare risulterebbe un mostro in un’isola. Stiamo portando avanti il marchio Unesco del Po, stiamo puntando sul green, abbiamo il teleriscaldamento e fatti tanti interventi che puntano al risparmio energetico e, quindi, la centrale, andrebbe contro questa visione. Ci sono sistemi alternativi per produrre energia rispettando l’ambiente». Nicola Cavatorta, sindaco di Viadana, preferisce parlare di «fatti e non di polemiche» e per questo afferma: «In Comune non è pervenuta, al momento, alcuna richiesta per Viadana. Stiamo proseguendo l’iter relativo al nuovo Pgt e non è prevista, all’interno dei confini comunali, alcuna centrale nucleare; anzi, ci stiamo muovendo per la riduzione del consumo di suolo sia a scopo residenziale che produttivo. Escludo che una centrale sia compatibile col nuovo Pgt».
L’argomento nucleare fa discutere soprattutto nei Comuni dove si voterà il 3-4 ottobre. A San Benedetto Po Oscar Porcelli, candidato sindaco della lista di sinistra Insieme, dice no al ritorno del nucleare e chiede all’attuale amministrazione di pronunciarsi. Allo stesso modo, Roberto Coppiardi, candidato sindaco del centrosinistra a Marcaria, chiede di conoscere la posizione del suo rivale Malatesta: «È in linea o no con Salvini, leader del maggior partito che lo sostiene?».
Mentre tra gli amministratori il dibattito sembra già essere chiuso con un no netto alla centrale, tra gli agricoltori rischia di non essere così. Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura, fa una premessa: «Il ritorno al nucleare sarebbe basato su impianti di quarta generazione che è ancora in via sperimentale. Quindi, ogni ipotesi è prematura». Poi spiega: «Gli agricoltori sono aperti a un futuro più moderno. A noi interessa una transizione ecologica che ci porti alla decarbonizzazione: in questo progetto può starci anche l’energia nucleare, un progetto in cui anche gli agricoltori, con il fotovoltaico e il biogas, sono parte diretta della produzione di energia».
«Solo una battuta»
Per Claudio D’Ascanio, commissario della Confederazione italiana coltivatori Est Lombardia, «il dibattito sul nucleare sembra più una battuta che altro: servirebbero studi più seri. Tutti vorremmo risparmiare sulle bollette, ma non si può fare così. Tra l’altro, i tempi per realizzare una centrale nucleare sarebbe biblici. A mio giudizio, abbiamo altre alternative per produrre energia, a partire dalle rinnovabili, a cui da tempo stiamo lavorando assieme all’attenzione al consumo del territorio. È qui che va trovata la soluzione, la scelta anti nucleare è già stata fatta».
Bocciata in pieno
Il presidente di Coldiretti, Paolo Carra, boccia senza appello l’ipotesi di un ritorno al nucleare: «Un territorio come quello mantovano – osserva –, leader nell’agroalimentare di qualità con una produzione ai vertici a livello nazionale e con volumi di export che superano i 700 milioni di euro, trascinati dalle indicazioni geografiche, non può riaprire una pagina come quella dell’energia nucleare, ormai superata quarant’anni fa e sepolta da un referendum». E aggiunge una serie di domande molto significative: «Come andremo a spiegare la qualità del nostro agroalimentare, le nostre eccellenze, gli sforzi che l’agricoltura sta compiendo verso la sostenibilità? E dove smaltiremo le scorie?». La conclusione di Carra è che «siamo favorevoli alla transizione ecologica, ma non a tutti i costi e non sulle spalle degli agricoltori e di tutti i cittadini».