«Stato di eccitamento parossistico». «Evento psicofisiologico, di breve durata, che costituisce l’acme dell’eccitamento sessuale ed è accompagnato da un particolare stato di coscienza, intensamente piacevole, raggiunto in seguito a stimolazioni sia somatiche che psicologiche». È questa la definizione che la Treccani dà della parola «orgasmo», ed è proprio con un orgasmo che si apre la terza stagione di Sex Education, la serie rivelazione di Netflix creata da Laurie Nunn e dedicata al racconto di un’adolescenza che si confronta per la prima volta con il sesso, con l’amore e con la crescita personale. In un mix di ironia, dramma e sentimento, la serie è entrata rapidamente nel cuore degli spettatori per la sinergia tra i personaggi e un ritmo incalzante, capace di distrarci per qualche ora dalle piccole insidie quotidiane. Da dove è nata, però, la scintilla che ci ha fatto innamorare? Perché siamo così interessati a un argomento di cui, almeno sulla carta, dovremmo conoscere tutto?
https://www.youtube.com/watch?v=S2q_psFeGtMLa sesta puntata di Divaniamo, il nuovo podcast di Vanity Fair dedicato alle uscite al cinema e in tv, parla di questo: di una serie che era stata inizialmente pensata come un one shot e che poi, grazie al passaparola, è diventata un piccolo fenomeno di culto per il pubblico più giovane al punto da spingere Netflix ad approfondire la storia e a conferire ai personaggi sfumature sempre più precise e sempre più peculiari. Come Otis, che è bravissimo a fornire una soluzione alle tribolazioni degli altri ma non riesce ad applicare i suoi consigli a sé stesso. O Maeve, la ragazza indipendente che cerca con fatica il modo giusto per relazionarsi agli altri. O Eric che, dopo aver combattuto per anni per essere quello che è, sente di poter finalmente vivere la sua vita alla luce del sole senza paura del giudizio degli altri.
Sex Education, però, si spinge oltre e, insieme ai drammi adolescenziali e alle cotte che stanno lì lì per nascere e poi ci ripensano e tornano indietro, si concentra anche sul mondo degli adulti – prima fra tutti, la maternità di Jean (Gillian Anderson) – e su una serie di tematiche trattate con garbo e naturalezza come l’omosessualità, la paura di non essere all’altezza o di essere semplicemente diversi – in questa stagione facciamo la conoscenza di Cal, il primo personaggio non binario presente nel cast, interpretato dall’artista sudanese naturalizzato americano Dua Saleh. In maniera intelligente e mai scontata, Sex Education 3 poggia su una trama solida, coerente e non gettata lì come spesso capita quando si tratta di mettere in piedi un seguito. Questa serie, che può sembrare apparentemente leggera, è, infatti, scritta in modo sublime, mai banale, sempre con qualche guizzo capace di calamitare l’attenzione dello spettatore focalizzandosi sui dettagli. Il sesso, come ha avuto modo di sottolineare Jean, non è, poi, la chiave per comprendere tutto, l’unico innesto dal quale partire. No. Il sesso è un semplice espediente per raccontare qualcosa di più grande: il bisogno dei ragazzi di trovare il proprio posto e la propria identità, la volontà di uscire dal bozzolo e lanciarsi verso qualcosa di nuovo.
Buon ascolto!
Il podcast di Vanity Fair «Divaniamo» è disponibile su iTunes, Spreaker e Spotify.