Lo storico in un’iniziativa a sostegno del candidato sindaco D’Orsi: «Il governo non si assume responsabilità, la sinistra dovrebbe chiedere chiarimenti»
Alessandro Barbero non cambia opinione. «Le obiezioni che sono state sollevate sulla petizione che ho firmato non sono tali da farmi cambiare idea». Lo storico medievista, docente dell’Università del Piemonte Orientale, è tornato a fare sentire la sua voce dopo che l’appello sottoscritto il 6 settembre assieme a 1.500 accademici contrari al Green Pass nelle università aveva suscitato numerose polemiche. Il decreto che estende l'obbligo di Green Pass da metà ottobre a tutti i lavoratori del pubblico e del privato, commenta Barbero, «non è quello che mi sarei aspettato, e cioè imporre un obbligo di cui ci si assume la responsabilità per tutti i cittadini».
Il professore, 61 anni, è intervenuto a margine di un'iniziativa elettorale a sostegno del candidato sindaco di Torino della sinistra, Angelo D'Orsi. «L’idea di affidare alle aziende un compito di controllo sui loro lavoratori è una cosa rischiosa – aggiunge – che va contro quello che la sinistra ha cercato per tradizione di evitare, e cioè che gli imprenditori avessero troppo potere di controllo su quello che fanno i loro lavoratori. A me personalmente questo preoccupa e non è quello che avrei voluto».
Popolarissimo per le sue lezioni (su Youtube ricevono migliaia di visualizzazioni), Barbero continua a manifestare la sua perplessità rispetto all’azione del governo: «Si stanno facendo delle cose che è legittimo che la sinistra consideri con qualche preoccupazione e su cui dovrebbe chiedere chiarimenti. Siamo in un'epoca in cui è lecito preoccuparsi all'idea che i governi possano esigere una fedeltà da parte dei cittadini senza assumersi a loro volta fino in fondo le loro responsabilità». Quanto alle critiche sollevate dalla sottoscrizione del famigerato appello contro il green pass nelle università, Barbero chiosa: «Ho alcune idee piene di dubbi che sono maturate con fatica, il poco che ho percepito in giro delle obiezioni che mi sono state fatte non mi sembrano tali da farmi cambiare radicalmente idea».