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L’innovazione nel gusto: il segreto Mengazzoli in 300 versioni d’aceto

L’innovazione nel gusto: il segreto Mengazzoli in 300 versioni d’aceto

Metodi naturali e ricerca continua di nuovi sapori per l’azienda con base a Levata. Condimenti esportati in 40 Paesi anche in era Covid: ultimo ordine dalle Isole Fiji

MANTOVA. Un ordine, poche settimane fa, è arrivato dalle Isole Fiji, paradiso incontaminato nel mezzo dell’oceano Pacifico. Il piccolo Stato arcipelago è una delle ultime conquiste dell’Acetificio Mengazzoli, sede principale a Levata e altre due unità produttive a Borgo Virgilio e Mirandola (Modena).

Ma alle mete lontane, gli aceti mantovani sono abituati: l’azienda, fondata nel 1962 da Giorgio Mengazzoli e ora guidata dai figli Elda e Cesare, esporta il 47% della propria produzione, e raggiunge una quarantina di Paesi diversi, compresi Giappone, Canada, Nuova Zelanda, Corea del Sud. Anche nell’anno della pandemia la corsa non si è arrestata: la vendita alla grande distribuzione è cresciuta, mentre è stato molto penalizzato il canale della ristorazione, sia in Italia sia nel mondo. Un freno per i prodotti più innovativi, come il Parpaccio, l’aceto da grattugiare o tagliare a scaglie, lanciato nel 2019.

La produzione oggi

«Il canale retail (al dettaglio, ndr) – spiega Cesare Mengazzoli – è più concentrato sui prodotti base, mentre la ristorazione è più aperta all’innovazione. E spesso gli chef ci trasferiscono idee e spunti per diversificare».  La produzione è suddivisa su varie linee: si va dal più classico aceto di vino, che ha dato origine all’attività, all’aceto di mele, dalle creme alle glasse e ai condimenti fino all’aceto balsamico di Modena Igp e all’aceto balsamico tradizionale di Modena Dop. Sono circa trecento, tra aceti e condimenti, le ricette che escono dalle linee Mengazzoli, per circa 150mila ettolitri di prodotto.

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L’aceto di vino continua a farla da padrone: rappresenta il 65% della produzione, seguito dal balsamico (20%). Tra i vanti dell’azienda anche il balsamico di mela, ottenuto da succo concentrato di mela e null’altro. «Le prime settanta barrique – racconta Mengazzoli – sono state messe a fine anni Novanta, adesso ne abbiamo duecento». E poi ci sono le riscoperte di gusti antichi, come l’agresto, un condimento ottenuto dal mosto dell’uva ancora acerba, e le novità assolute: proprio in queste settimane è in fase di lancio una nuova linea di “acidulati”, condimenti che si ispirano ai sapori e alle tradizioni di terre lontane.

La produzione dell’aceto di vino è concentrata nello stabilimento di Levata, grande e moderno. I metodi sono tre, diversi ma tutti naturali: in nessun caso vengono utilizzati additivi chimici. Si parte dal sistema a fermentazione statica in legno: il foro di riempimento della botte viene lasciato aperto, coperto da un canovaccio a trama larga, in modo che i batteri acetici diano vita alla trasformazione acetica. Il tutto è lasciato a riposo per diversi mesi. Con questo metodo vengono prodotti, per esempio, gli aceti da singolo vino, che hanno fatto ottenere all’acetificio Mengazzoli diversi premi.

Il segreto? «La bravura – spiega Eleonora Vincenti, product manager dell’azienda –  consiste nel mantenere nell’aceto alcune delle caratteristiche del vino d'origine». Gli altri due metodi, più rapidi, sono la fermentazione lenta a truciolo e la fermentazione sommersa in contenitori d’acciaio.  Il tempo, gli ingredienti di partenza e la perizia fanno la differenza nella produzione dei due balsamici, l’Igp e il Dop, che avviene nell’unità produttiva di Mirandola.

Negli spazi al pian terreno ci sono le botti dell’aceto balsamico di Modena Igp, dai tini giganteschi da 120mila litri ai contenitori più piccoli da 200 litri. L’Igp si ottiene da mosto d’uva e aceto di vino: è il capo cantina che decide il blend ottimale da mandare all’invecchiamento. Il tempo minimo, da disciplinare, è sessanta giorni, ma la pazienza qui non manca.

E la tendenza è lasciare maturare a lungo il prodotto: «Stocchiamo quattro volte quello che vendiamo in un anno. Il nostro obiettivo è fare qualità» ammette Mengazzoli.   Al piano superiore ci sono, invece, le botticelle dell’aceto balsamico tradizionale di Modena Dop, che viene prodotto partendo soltanto da mosto al 100%.

La serie di botti si chiama “batteria”: dalle più grosse da 80 litri fino alla più piccola da 15 litri, l’unica dalla quale viene prelevato il prodotto finito. Le botti più grandi rincalzano la parte che viene prelevata per il consumo e quella che “va agli angeli”, ossia evapora e fa sì che il balsamico si trasformi, dopo almeno dodici anni d’attesa, nell’oro di Modena.

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Sessant’anni di creatività

I sessant’anni sono alle porte: è il 1962 l’anno d’inizio dell’attività dell’Acetificio Mengazzoli. La famiglia di imprenditori, originaria della zona di Sarginesco, da generazioni è attiva nella ristorazione e nella vendita di alimentari. Giorgio Mengazzoli, il fondatore dell’azienda, si occupa, in particolare, del commercio e del trasporto di vini.

Grazie a questa attività, verso la fine degli anni Cinquanta, conosce un produttore di aceti trentino, che lo prende in simpatia e lo introduce al mondo affascinante dell’aceto, insegnandogli le basi.

Proprio in questo periodo, Sante Visentini, proprietario dell’acetificio Visentini di Mantova, sta pensando di cedere la propria attività. Grazie ai consigli dell’imprenditore di Trento, che lo incoraggia a intraprendere l’avventura, Giorgio acquista alcune quote dell’azienda. Nasce, così, una bella collaborazione tra Giorgio Mengazzoli e la moglie Carla, sempre al suo fianco, e Sante Visentini, che finisce per adottare professionalmente i due giovani e, in alcuni casi, a fare persino da nonno ai tre figli della coppia: Elvira, Elda e Cesare.

Al momento dell’acquisto di tutte le quote, l’azienda prende il nome di Acetificio Visentini di Mengazzoli Giorgio, con l’accordo che il nome rimarrà tale fino alla nascita del primo erede maschio Mengazzoli.

Accade nel 1972, un paio d’anni dopo la nascita di Cesare, e accade contestualmente al cambio di sede da viale Risorgimento, di fronte alla caserma dei vigili del fuoco, a via della Costituzione a Levata di Curtatone: l’azienda modifica il proprio nome e le etichette in Acetificio Mengazzoli.

Se inizialmente si produce soltanto aceto di vino rosso e di vino bianco, ben presto la creatività prende il sopravvento. Il primo prodotto innovativo prodotto dal signor Giorgio è proprio in onore di Sante Visentini, che l’aveva tenuto a bottega e gli aveva insegnato il mestiere, e viene commercializzato con il nome di MengalVis, fondendo i due cognomi.

Si tratta di un aceto di vino “superiore”, prodotto da vini selezionati di altissima qualità, con metodo statico e invecchiato in botte per un lungo periodo. Questo prodotto, per sottolinearne la ricercatezza e la maestria della tecnica produttiva, viene confezionato in una bottiglia particolare che si distingue da tutte le altre bottiglie adoperate per l’aceto. A questo punto, la strada per sempre nuove intuizioni è segnata.

Negli anni a venire, con l’etichetta Mengazzoli vengono commercializzati gli aceti di vino aromatizzati per infusione (per esempio con la salvia, l’aglio, il pepe, lo scalogno e il dragoncello), gli aceti di mele, il balsamico di mela, l’aceto balsamico di Modena Igp e l’aceto balsamico tradizionale di Modena Dop. Agli inizi degli anni Novanta arrivano le creme di balsamico, ormai un must in molte cucine.

Tra le invenzioni successive, frutto di un continuo lavoro di ricerca, le perle di balsamico e poi Parpaccio, l’aceto da grattugiare, lanciato sul mercato nel 2019. È invece, di queste settimane l’ultima novità: gli acidulati che si ispirano ai sapori di terre lontane.

Negli anni, l’azienda ha collezionato premi e riconoscimenti. Ultimi in ordine tempo quelli assegnati a Parpaccio, premiato nel 2019 nell’ambito della rassegna Ethical Food Design (per il rispetto dei valori storici di un prodotto pur nella forte innovazione apportata) e nel 2020 a Olio Officina Festival: nella categoria “Le forme dell’Aceto” ha ottenuto il primo premio assoluto e il premio per l’innovazione.

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New entry: datteri e banane

Si può viaggiare anche con i sapori. È quanto ha deciso di fare l’Acetificio Mengazzoli con la nuova linea di acidulati Wo’t - World of taste, lanciata nelle scorse settimane. Sei le varianti, che evocano terre e tradizioni lontane: riso, datteri, banana, ananas, miele e malto. «Ogni luogo nel mondo produce aceti o acidulati partendo da diverse materie prime. Lo si fa da secoli» spiega Cesare Mengazzoli, alla guida dell’acetificio con la sorella Elda.

Per arrivare a questi prodotti, che mettono insieme la tradizione di luoghi lontani alle nuove tecniche di produzione, l’azienda di Levata ha lavorato al fianco dell'enologo Giuseppe Meglioli. Il risultato è un’anima delicatamente agra, cui si aggiungono le sei diverse sfumature di gusto. Versatile l’utilizzo in cucina: «Possono condire un piatto, oppure vivacizzare, esaltare, completare o semplicemente armonizzare. Non hanno stagione e si sposano facilmente con tutte le portate».

Il lancio della nuova linea arriva a distanza di poco più di un anno dal debutto sul mercato di un altro prodotto innovativo: Parpaccio, l’aceto da grattugiare. Confezionato a spicchi come il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano, è un aceto solido che può essere grattugiato o tagliato a scaglie.

«È un divertimento alimentare che piace molto soprattutto agli chef» racconta Mengazzoli. L’idea è nata qualche anno fa da un errore, durante le ricerche per produrre una crema di aceto balsamico: un dosaggio sbagliato ha innescato l’intuizione. Per rendere solido l’aceto, si utilizza l’agar agar, un addensante naturale che deriva dalla lavorazione delle alghe rosse. L’innovazione passa anche dal modo di proporre i prodotti.

Sono stati lanciati da poco, ma sono già molto richiesti, i kit di degustazione, box in edizione limitata che contengono una selezione di 21 specialità tra aceti e condimenti. La sfida è sperimentare gli abbinamenti più azzeccati: perché non è vero che tutti gli aceti stanno bene con tutto.

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Stand e tour virtuali contro il Covid

Frontiere chiuse, voli annullati, fiere internazionali rimandate a data da destinarsi: per molte aziende vocate all’export, il 2020 è stato un anno da cancellare. Per accorciare le distanze con i clienti, soprattutto quelli stranieri, l’acetifico Mengazzoli, che esporta il 47% della propria produzione in oltre quaranta Paesi in tutto il mondo, si è inventato una stanza di realtà aumentata realizzata nella sede di Levata.

Il progetto è stato lanciato in occasione dell’ultima fiera in Giappone, alla quale l’azienda, a causa della pandemia, non ha potuto partecipare direttamente. L’ha fatto, però, attraverso un collegamento internet continuo, con uno stand virtuale sviluppato dal reparto informatico interno.

I clienti giapponesi hanno potuto vedere i propri referenti della Mengazzoli muoversi a 360 gradi nella stanza, tra oggetti fisici e particolari digitali. Ed è stato possibile guidare gli ospiti anche nel territorio, per esempio mostrando loro le campagne della Pianura Padana.

L’esperimento avrà un seguito: sia per incontrare i clienti esteri (tra i mercati ci sono Nuova Zelanda, Canada, Corea del Sud), sia per dialogare con il consumatore finale anche in Italia. «Crediamo sia importante farlo – spiega Cesare Mengazzoli – Il futuro è sempre più smart e chi acquista i prodotti vuole, sempre più, vedere l’azienda. Per noi questo rapporto è fondamentale perché è uno scambio. È sbagliato pensare di avere un prodotto d’eccellenza e credere di poterlo imporre. Dobbiamo capire cosa il consumatore stia cercando».

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