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Batki, obiettivo Olimpiadi con Belluno nel cuore

Batki, obiettivo  Olimpiadi con Belluno nel cuore

Formatasi sportivamente a Lambioi, la Batki si allena oggi a Roma «Con la città ho un legame fortissimo, magari tornerò a viverci» 

BELLUNO

Dal castello dei tuffi della piscina di Belluno sino all’imminente Olimpiade di Tokyo, senza dimenticare le tre precedenti partecipazioni olimpiche. Noemi Batki – 33 anni – è bellunese d’adozione e in questa chiacchierata ci parla di un legame fortissimo con la città, tanto da sognare di tornare a viverci un giorno. Nel frattempo l’atleta azzurra, tesserata con Esercito e Triestina Nuoto e che ora vive e si allena nella capitale, prepara l’avventura a Cinque Cerchi in Giappone. Nella speranza, ovviamente, che le condizioni pandemiche permettano ai Giochi di svolgersi regolarmente, dopo il rinvio dell’anno passato.

Noemi, sei arrivata da noi quando avevi tre anni, andando via maggiorenne...

«Ho vissuto fino a circa 10 anni a Cusighe. Quando è nata la prima sorellina ci siamo trasferiti a Baldenich, in un appartamento nello stesso palazzo dei nostri nonni. Adoro Belluno, questo credo di averlo detto già in più circostanze, cerco sempre di tornarci il più spesso possibile; ho un sacco di amici ed ex compagni di scuola con cui mantengo regolarmente i contatti. Mia mamma ha sempre descritto Belluno come il posto come il “paese delle favole” ed io mi sono innamorata di ogni scorcio».

Dal punto di vista sportivo, all’inizio ti allenava proprio mamma Ibolya Nagy, giusto?

«Assieme a papà Dario Mosena, sono riusciti ad inizio anni ’90 a fondare una società, dando il via alla storia dei tuffi bellunesi. A quei tempi mia madre gareggiava ancora per la nazionale ungherese e stava preparando le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Una volta conclusa la partecipazione olimpica si dedicò a tempo pieno al mestiere dell’allenatrice».

Un insolito doppio ruolo, dunque...

«Nei confronti dei suoi allievi, a mamma non mancavano mai empatia ed entusiasmo. Ogni singolo ragazzo che è stato elemento della nostra squadra, magari solo per pochi anni, la ricorda con affetto e stima. E lei ugualmente rammenta con piacere tutti loro. La ritengo bravissima ad inquadrare i giovani e a saper offrire loro il sostegno necessario per la loro crescita personale, anche a scapito della performance agonistica».

Immagino che nel tempo si siano sviluppate numerose amicizie a Belluno.

«Le ex atlete con cui maggiormente tengo contatti anche al giorno d’oggi sono Giorgia Barp, Anna e Paola Padovan, Silvia Donà e Matteo Adami. Però ci sono tantissime altre persone che hanno ancora piacere di rivivere insieme i bei tempi in cui passavamo le giornate a Lambioi. Purtroppo nel 2005 abbiamo dovuto abbandonare Belluno. Eravamo impossibilitati nel trovare con la piscina ed il comune un accordo soddisfacente che mi permettesse di allenarmi a sufficienza ed in tranquillità, in vista di una preparazione olimpica. Ci siamo trasferiti a Trieste, ma Belluno è sempre rimasta nel mio cuore ed il mio grande sogno sarebbe tornarci, così da permettere ad altri bambini e ragazzi di vivere la mia stessa splendida esperienza. Intanto ringrazio Silvia e Matteo i quali, grazie al supporto della Polisportiva Mondo Sport di Marco Coli, hanno mantenuto in vita il movimento tuffistico da allora, lavorando con professionalità e passione».

Il castello della piscina di Belluno è stato di recente oggetto di lavori ed ora è possibile di nuovo tuffarsi dal trampolino di dieci metri. Lo sapevi?

«Ci tengo a ringraziare il comune di Belluno, il sindaco Massaro, l’assessore allo Sport Bogo e quanti si sono prodigati per rinnovare e rimettere in funzione l’intera struttura. Mi auguro con tutto il cuore che ciò rappresenti il primo passo verso una nuova era, quella nella quale i tuffi rivedranno i fasti di un tempo. Sono certa che non sarà facile, che ci vorrà del tempo, ma voglio pensare che alla fine l’obiettivo sarà raggiunto».

Proiettiamoci verso le Olimpiadi di quest’estate. Prima però uno sguardo alle scorse partecipazioni a cinque cerchi.

«La prima è quella di Pechino 2008 dove ho gareggiato nel sincronizzato da 3 metri con Francesca Dallapè. Ci mancò inoltre veramente un soffio per qualificare anche il sincro 10 metri assieme a Tania Cagnotto. Con Francesca finimmo seste e furono i Giochi della meraviglia, in cui cercammo di assaporare ogni attimo, stupendoci dell’enormità e della spettacolarità dell’evento. Londra 2012 la considero invece l’Olimpiade della consapevolezza, l’apice della mia carriera, in cui chiusi ottava la finale individuale dalla piattaforma, la gara regina. Rio 2016 l’associo alla sofferenza, in quanto ci arrivai in un pessimo stato di forma, soprattutto a causa di alcuni problemi su due tuffi della mia serie. Situazione aggravata da un dolorosissimo infortunio al pollice destro: una botta con conseguente microfrattura all’articolazione che mi ero causata durante un tuffo in fase di entrata in acqua due mesi prima dei Giochi e riacutizzato due giorni prima della gara in Brasile. La disputai solo grazie ad un’iniezione di antidolorifico somministratami dieci minuti prima dell’inizio dal medico, ma in realtà dovetti affrontare la gara più umiliante della mia vita, chiudendo al 28esimo posto: un’eliminatoria a tratti disastrosa. A quel tempo avevo già 28 anni e ipotizzavo di dover chiudere la mia carriera. Eppure decisi che non avrei potuto terminare un percorso così meraviglioso con un’esperienza talmente devastante come quella. Tornai a casa, mi presi cura del mio corpo e della mia anima a pezzi e, assieme a mia madre, alla Federazione ed al Centro Sportivo dell’Esercito di cui faccio orgogliosamente parte dal 2007, decidemmo di cambiare tutto. Allora mi trasferii a Roma per iniziare un percorso nuovo con il tecnico federale Domenico Rinaldi. Nella capitale mi sarei infatti potuta allenare con Chiara Pellacani, la mia nuova compagna sincro, una giovane e talentuosissima promessa classe 2003. Negli ultimi tre anni sono riuscita con successo a rimettermi completamente in gioco fino ad ottenere un secondo picco nella mia carriera durante il mondiale di Gwangiu nel 2019, dove ho conquistato la mia quarta carta olimpica grazie al una performance davvero notevole valsa nuovamente l’ottavo posto».

Quali specialità ti vedranno protagonista a Tokyo?

«Di sicuro gareggerò nell’individuale da 10 metri, in cui punto alla finale, mentre per il sincro occorre aspettare l’ultima gara di qualifica che si terrà proprio a Tokyo dall’1 al 6 maggio. E naturalmente spero prima di ogni altra cosa e con tutto il cuore che le Olimpiadi possano avere regolarmente luogo».

Se non sbaglio hai progressivamente abbandonato i 3 metri per passare ai 10. Come mai?

«Nasco come atleta completa, ho sempre gareggiato in tutte le specialità da piccola. Quando mi fu proposto il sincro con Francesca Dallapè da 3 metri, ovviamente intensificai gli allenamenti dal trampolino, sia individualmente e sia con lei, al fine di sfruttare a pieno l’occasione. Così dovetti rallentare il lavoro dalla piattaforma che decisi però di riprendere successivamente quando Francesca iniziò a saltare insieme a Tania Cagnotto, nel 2009. Il mio fisico è chiaramente più adatto al trampolino, essendo più alta e più muscolosa della media delle piattaformiste, ma la mia anima anela alla gara regina, alla perfezione che solo un tuffo dalla piattaforma può dare. Questo è il motivo per cui, col passare degli anni, l’ho scelta. E naturalmente non sono pentita di avere scelto questa strada».

Hai gareggiato assieme a Tania Cagnotto, l’icona italiana del movimento...

«Ha portato luce e prospettiva a tutte noi. È stata una campionessa elegante e determinata, mi reputo onorata di aver potuto condividere parte del mio percorso con lei. Vederla gareggiare è sempre stato stimolante: appena lei saliva su un trampolino il gioco per le altre si faceva duro. Fare coppia con lei dai 10 metri per quasi due anni mi ha ulteriormente forgiato e stimolato, nonostante la pressione fosse altissima: non avrei mai voluto deluderla. Al giorno d’oggi è una dolcissima mamma di due bimbe e l’ho stimata tantissimo quando ha deciso di ritirarsi, dopo aver riprovato a saltare da mamma. Ritengo abbia dimostrato maturità e rispetto per la vita agonistica che le ha sempre dato tanto».

Concludiamo in leggerezza. Ti sei stabilizzata a Roma? C’è spazio per la vita privata tra un tuffo e l’altro?

« Dopo essermi trasferita da Trieste, vivo al Centro di preparazione olimpica Giulio Onesti a Roma, di conseguenza tutta la mia vita si svolge tendenzialmente lì. Sono single, per cui ho reindirizzato le mie energie all’ottimizzazione del mio percorso sportivo. Nell’ultimo anno, a causa della pandemia, l’isolamento ci ha fatto paradossalmente sentire protetti e per fortuna abbiamo potuto continuare le nostre attività. Oltre ai tuffi adoro leggere, guardare serie tv e potermi mangiare una pizza con le mie amiche ogni tanto».

Da giornalista sono curioso di conoscere i motivi che ti hanno portato a laurearti in Scienze della comunicazione...

«Sono sempre stata una grandissima lettrice, per cui è un ambito che mi affascina. La scelta di questo indirizzo universitario è stata presa assieme a mio papà: allargare le conoscenze sportive al mondo comunicativo avrebbe indubbiamente rappresentato un vantaggio per il futuro. Così è stato, infatti sto terminando proprio in questi mesi un percorso di laurea magistrale in “management dello sport”. Una volta finita l’attività agonistica, questa laurea potrebbe anche tornare piuttosto utile».

Che percorso hanno scelto invece le tue sorelle Estilla e Tunde?

«Estilla sta completando un percorso di laurea con borsa di studio completa all’università di Fayetteville, in Arkansas. Dunque salta ancora e sono incredibilmente fiera di lei. Ha scelto di cogliere quest’opportunità che l’ha portata dall’altra parte del mondo, lontano dalla famiglia per quest’esperienza impegnativa e formante negli Usa. Anche Tunde respira ancora l’aria “clorata” : infatti è diventata allenatrice con la Triestina Nuoto, dimostrando sensibilità e competenza da tecnico come lo era da atleta». —



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