La figura del principe Filippo, morto a 99 anni il 9 aprile, viene commemorata in Gran Bretagna ma anche da un lato all’altro del pianeta. Da nessuna parte del mondo, tuttavia, il consorte di Elisabetta II era venerato come nella comunità tribale di Tanna, minuscola isola nello sperduto arcipelago di Vanuatu, 1750 chilometri a est dell’Australia in un angolo dell’Oceano Pacifico. Laggiù, il marito della sovrana era considerato una divinità. Per la precisione, il figlio del grande dio vulcano. Ragion per cui centinaia di tribù, fin da ieri, si sono riunite per piangere la sua morte. Onorandolo con cerimonie, danze, sacrifici di animali, riti e processioni che dureranno per giorni. I capi villaggio hanno inviato alla regina, e alla famiglia reale, una messaggio di conforto: l’anima di Filippo vivrà per sempre.
La promozione da principe a dio di Filippo arrivò tramite una profezia. Dice la leggenda che il dio vulcano ebbe un figlio bianco. Il suo destino era di sposare una donna molto potente in un Paese lontano e portare «i semi di Tanna» nell’Impero britannico prima di tornare nella «sua patria», anche in forma spirituale. Per le migliaia di seguaci del «Movimento del Principe Filippo», una setta religiosa creata dal popolo Kastom, il duca d’Edimburgo combaciava con la descrizione. Anche se era nato a Corfù e a Tanna c’era stato una volta sola: nel 1974, con la regina Elisabetta. In quell’occasione aveva preso parte ad un rituale durante il quale aveva bevuto il kava, la bevanda tradizionale locale, insieme alla popolazione del posto.
Nel viaggio del ’74, il principe Filippo non sapeva d’essere diventato un dio. Ne fu informato da John Champion, il commissario britannico delle isole, che all’epoca erano dominio anglo-francese. Il commissario consigliò d’inviare una fotografia autografata, che da allora è una reliquia importante, utilizzata nelle danze rituali. In cambio, i fedeli inviarono al dio Filippo una tradizionale mazza per l’uccisione del maiale, il nal-nal. Nei decenni il principe spedì altre foto, conservate con devozione dal leader del movimento, Jack Naiva.
Nel 2007, una delegazione visitò il principe-divinità a Londra eseguendo un curioso rituale. Il capo delegazione chiese a Filippo: «La papaia è matura o no?», formula ritualistica per chiedere se il dio bianco era pronto a tornare sull’isola. Filippo rispose: «Che la papaia sia matura o meno, riferisci al capo Kawia che ora fa freddo, ma quando farà caldo invierò un messaggio». In altre parole, i tempi non erano maturi.
Adesso il principe-dio è morto. E gli indigeni lo celebrano come gli compete, in attesa che il suo spirito ritorni «a casa». Nel frattempo si apre un interrogativo che riguarda il figlio, il principe Carlo. L’erede al trono visitò Vanuatu, nel 2018, partecipando alla stessa cerimonia del padre e bevendo il kava. E ora ci si chiede: il culto di Filippo verrà trasferito al figlio?