Facebook ha annunciato di stare lavorando a una versione di Instagram per gli under 13. Seppure non esista ancora un piano dettagliato e ben poco si sappia di questa nuova versione, la discussione in merito è già particolarmente accesa. Se da un lato c’è chi sostiene che la versione di un social sul quale i genitori hanno controllo è sicuramente meglio se si considera che bambini e ragazzini poi si iscrivono a prescindere – mentendo anche sull’età – dall’altro c’è chi ne contesta non solo la pericolosità ma anche l’esistenza stessa. Proprio a questo proposito abbiamo sentito Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina Onlus – nata in ricordo di Carolina Picchio, prima vittima ufficiale di cyberbullismo – e le sue parola invitano a riflettere su dove ci stiamo dirigendo: «Siamo sicuri che stiamo andando nella direzione giusta? Per decenni ci siamo preoccupati degli effetti della tv usata come baby sitter, antidoto ai capricci e richieste di attenzioni. Se il problema di allora erano il carosello e i cartoni animati delle 20, sarebbe giustificata più di una nostalgia».
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Il punto della riflessione è chiaro: inutile dare ulteriori strumenti ai bambini solo per «giustificare le nostre (cattive) abitudini. Un tablet o uno smartphone in mano a un bambino rappresentano le nuove foglie di fico dei genitori, troppo indulgenti e distratti per accompagnare i propri figli lungo un complesso e straordinario percorso di crescita». Occorre bilanciare la DAD – «che in questo momento è necessaria» – con tutto quello che si può fare senza uno schermo, rispettando le attuali regole di contenimento e il distanziamento sociale.
Tenere i ragazzini lontani dagli schermi è fondamentale in questo momento: «Occorre trovare altre attività dopo la DAD. Coinvolgere i bambini in momenti all’aria aperta, anche solo una passeggiata – che si può fare senza problemi -. Dobbiamo tornare alla relazione tridimensionale con gli altri e col mondo, lo schermo è uno strumento e non deve sostituire la vita reale. Dobbiamo tornare all’incontro fisico, che non vuol dire per forza abbracciarsi ma anche solo vedersi, camminare insieme, prendere il sole. Stiamo andando verso l’estate e sarà più semplice farlo». Un altro importante punto, ora che chiudono le scuole, saranno i centri estivi: «Chi si sta preoccupando di far vivere l’esperienza educativa ai minori? L’estate è dietro l’angolo e oltre a tenere aperte le scuole dovremmo occuparci per tempo dei centri estivi. Siamo in grado di organizzarli? Ci sono esperienze significative che vanno sostenute perché garantiscono ai bambini il diritto all’aria aperta, al gioco, a mangiare un ghiacciolo. Insieme alla cooperativa Pepita abbiamo già lavorato con successo e stiamo lavorando anche per la prossima stagione».
Considerato già che «con anche la DAD i figli sono esposti in maniera continuativa agli schermi se poi hanno la Playstation e Netflix», creare uno strumento come un social under 13 non è necessario, oltre ad essere dannoso. «Abbiamo due problemi: il primo è relativo alle regole, il secondo è culturale. Secondo i regolamenti sulla privacy un minore di 13 anni non può avere un profilo social, si tratta di tutela e non di divieti e precauzioni. Se hai meno di 13 anni non hai gli strumenti necessari per comprendere le conseguenze di quello che fai in rete e avere un profilo non è giusto. Ed è qui che arriviamo al problema culturale: sono i genitori che devono comprendere che è necessario tutelare i minori».
«Molti genitori non solo lasciano loro totale libertà di navigare in rete senza controllo ma sono i primi ad esporli in rete condividendo le loro foto, per esempio. Abbiamo dati che ci dicono che prima del compimento del 5° anno di vita i genitori hanno già condiviso una media di 1500 foto dei figli sugli account social. In sostanza andiamo a costruire loro un’identità digitale ancora prima che abbiano coscienza di cosa sia quel mondo e non è giusto. Non vogliamo demonizzare i social ma, visto anche questo Instagram under 13, sembra proprio che stiamo andando verso l’esagerazione. A chi dice che tanto i bambini si creeranno comunque un profilo mentendo sulla loro età la risposta è: impariamo a far rispettare le regole ai nostri figli».
L'articolo «La soluzione non è Instagram under 13 ma che i figli imparino a rispettare la regola sul limite d’età» proviene da Giornalettismo.