L’età delle piante e degli olivicoltori punti deboli di un settore in espansione
L’ olio extra-vergine di oliva è un prodotto identitario della cucina e dell’industria agroalimentare della Toscana da tempi immemorabili. Lo stesso può dirsi per la coltivazione dell’olivo senza la quale il paesaggio toscano perderebbe uno dei connotati che lo rende unico e apprezzato in tutto il mondo.
La Toscana produce circa il 5 per cento dell’olio italiano su una superficie di poco meno di 100.000 ettari, distribuita in tutte le province. Le aziende sono prevalentemente di piccola dimensione con una superficie media aziendale dedicata all’olivo di appena 2,3 ettari, comunque superiore a quella delle altre regioni italiane.
L’estrema frammentazione dell’olivicoltura costituisce uno dei punti deboli della struttura produttiva per la difficoltà a raggiungere economie di scala indipendentemente dagli investimenti effettuati in azienda. Altri fattori che limitano la produzione regionale sono l’età avanzata degli alberi (si stima che oltre il 50 per cento degli oliveti abbia oltre 50 anni e che solo il 5 per cento degli oliveti ne abbia meno di 10) e la prevalenza di suoli collinari poco fertili e talvolta in forte pendio. L’insieme di queste limitazioni comporta scarsa produttività, problemi fitosanitari e costi di produzione elevati, che di fatto impediscono la redditività e scoraggiano il rinnovo di oliveti ormai obsoleti.Non sorprende perciò che a livello regionale negli ultimi anni si è manifestata una stasi o addirittura flessione della produzione di olio con un aumento della variabilità annuale dovuta anche ad andamenti stagionali irregolari. Vi è quindi la necessità urgente di intervenire per invertire la tendenza al declino del settore. In tal senso la Regione Toscana ha attivato nell’ultimo triennio una serie di Progetti integrati di filiera dedicati all’olivicoltura con specifiche misure per favorire il trasferimento di conoscenze e tecnologie dai centri di ricerca e università alle aziende. Se da un lato vi sono seri motivi di preoccupazione legati all’abbandono degli oliveti nelle aree svantaggiate e alla scarsa remuneratività della coltura, rimane un certo ottimismo sul futuro dell’olio extravergine di oliva toscano. In primo luogo perché questo prodotto è ancora molto richiesto sui mercati internazionali e riesce a spuntare prezzi ben superiori a quelli medi della produzione nazionale. Ne è prova il successo del prodotto certificato con Indicazione geografica protetta toscano, che rappresenta circa il 20 per cento della produzione regionale e che nell’ultimo triennio ha raggiunto prezzi all’ingrosso di circa 8 euro al chilogrammo. Il valore alla produzione dell’olio Igp Toscano nel biennio 2017-18 è stato di 19,65 milioni di euro, quello al consumo di 37,35 milioni con una quota superiore al 50 per cento destinata all’esportazione. A livello nazionale l’Igp Toscano non rappresenta solo la più vecchia denominazione di origine, ma detiene anche il primato in valore delle produzioni certificate di olio extravergine. Ci sono circa 10.000 aziende iscritte al sistema di controllo dell’olio Igp toscano, tra cui 519 imbottigliatori e 286 frantoi. Nonostante i lusinghieri risultati economici già raggiunti anche le prospettive future appaiono interessanti. Da un lato è possibile aumentare la produzione certificata considerato che quella certificabile è circa il doppio (molto dell’olio toscano certificabile viene utilizzato per l’autoconsumo per cui non viene richiesta la certificazione). Margini di miglioramento emergono anche dall’ampliamento delle superfici oggetto di certificazione e dai nuovi impianti olivicoli, nonché da ulteriori politiche di sviluppo del marchio e di penetrazione sui mercati internazionali. Oltre a tutelare la produzione olearia regionale il Consorzio Igp Toscano appare in grado di trainare le altre 4 Dop toscane (Chianti Classico, Lucca, Olio Seggiano, Terre di Siena), che certificano volumi assai inferiori. Molti di questi obiettivi possono essere conseguiti mediante azioni di formazione e aggiornamento professionale volte a incentivare non solo il miglioramento delle tecniche di produzione in campo e in frantoio, ma anche a favorire il ricambio generazionale nelle aziende e assicurare il futuro della filiera. In definitiva l’olio extravergine è un alimento unico, autentico pilastro della dieta mediterranea, da utilizzare come fonte principale di grassi in una dieta bilanciata. Scegliendo olio toscano non solo si acquista un prodotto genuino la cui qualità nasce in campo e giunge fino alla nostra tavola, ma si contribuisce a mantenere lo straordinario patrimonio olivicolo della regione. E ricordiamoci che non tutti gli oli extravergini di oliva sono uguali.—
*professore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’ Università di Pisa e presidente dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio
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