foto da Quotidiani locali
Galeotto fu il peperoncino di Soverato. Partì tutto da lì, una decina di anni fa: un mazzetto di “pìpi” (come vengono chiamati nella loro regione di origine, la Calabria) che il suocero regalò a Luca Bani. Ecco “La Terra dei Capsi” nacque così. Una realtà particolare, a partire dal nome, che porta alla memoria una canzone di Elio e le Storie Tese, ma a cui è stato aggiunto il riferimento a “Capsicum”, ossia il nome scientifico del genere cui appartengono i peperoncini. La Terra dei Capsi in un certo senso è nata da una scoperta, quella di un sapore: «Quando ho assaggiato quel peperoncino per la prima volta – racconta Bani – mi è piaciuto moltissimo, era un gusto nuovo per me. Allora ho deciso di conservare qualche seme e di provare a piantarlo».
Ecco come prende forma un’idea, che però, spiega Bani, rischia di travolgerti. Piacevolmente: «Prima poche piante, poi dieci, poi venti, poi cinquanta, poi cento. A un certo punto è diventata una cosa troppo grande». Ed è lì che avviene il passaggio che, sbagliando, potremmo definire imprenditoriale. Sbagliando perché La Terra dei Capsi non è un’impresa, ma una “passione organizzata”, che ha portato a ricreare a Paganico, una frazione di campagna nel comune lucchese di Capannori, una sorta di angolo di Calabria o di Messico in Toscana. «Questo – spiega Bani – non è il mio lavoro, io svolgo un’altra attività. È una passione, e per sostenerla abbiamo cominciato a commercializzare i nostri prodotti». Èd è così che è iniziata la vendita dei peperoncini, essiccati o polverizzati, svolgendo personalmente ogni fase della lavorazione. Il tutto seguendo ovviamente il ciclo delle stagioni, con alcuni prodotti che si possono trovare o non trovare, a seconda del periodo dell’anno, in manifestazioni, fiere, mercatini sul tema dei sapori tipici. Rassegne frequenti in Lucchesia e dove il banco de La Terra dei Capsi non è mai mancato. Questo almeno fino a quando la vita di tutti non è stata sconvolta dall’arrivo della pandemia, che ha fermato ogni manifestazione. Ma gli stessi prodotti si possono trovare e acquistare anche via Internet (www.laterradeicapsi.com). La lavorazione dei peperoncini, la loro trasformazione da bacca a polvere piccante, si svolge nello stesso luogo dove crescono le piante, ossia all’interno della Casina di Lorenzo, il vivaio di Davide Picchi che con Luca Bani ha condiviso da subito questa passione per il piccante. Qui si trovano la serra dove vengono fatte sviluppare le piante e il campo in cui vengono messe a dimora. E in dieci anni, da quel primo mazzetto di peperoncini di Soverato, di strada ne è stata fatta tanta. «In breve – riprende il racconto – sono arrivato ad avere oltre 250 varietà».E qual è la più piccante del mondo? «Il Carolina Reaper – risponde Bani – un peperoncino americano». E voi lo coltivate? «Certo – conclude sorridendo – come potevamo non averlo?». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA