Livorno: due settimane fa aveva scoperto di avere un tumore. Lascia un figlio di 16 anni. Il ricordo di Lenny Bottai: «Con lo sciopero del tifo andò a Palermo per appendere lo striscione e andare via»
LIVORNO. È morto a 51 anni due settimane dopo aver scoperto di un tumore. Il mondo amaranto piange Luigi “Gigi” Guccini, storico tifoso del Livorno e fedelissimo delle Bal, le Brigate autonome livornesi. L’ultrà è scomparso nel pomeriggio di sabato 20 marzo, lasciando nello strazio tutta la città. Lascia la moglie e un figlio di 16 anni, atleta di lotta greco romana nella palestra di Igor Nencioni. Che lo ricorda con affetto: «Un babbo attentissimo, fin troppo – racconta – e un mio grande amico fin dai tempi dello stadio. Ora, doverosamente, celebreremo il suo funerale fuori dalla curva nord nel rispetto del distanziamento interpersonale. Se lo merita, era un grande».
All’inizio di marzo Guccini – che una decina di anni fa aveva subìto un trapianto di rene – era stato ricoverato proprio nel reparto di nefrologia. Si sentiva stanco, per questo aveva deciso di sottoporsi ad alcuni controlli. Con le analisi che purtroppo hanno evidenziato alcuni valori preoccupanti e dopo ulteriori approfondimenti, purtroppo, un cancro in fase avanzata. Nel pomeriggio del 20 marzo, a 51 anni, è morto nel reparto delle cure palliative. «Era una persona d’oro, davvero – così lo ricorda Dario Senzacqua, che lo conosceva fin dai tempi dello stadio, ma ha legato in particolar modo con lui grazie alla frequentazione comune della palestra di Igor Nencioni, dove si allena il figlio lottatore – e avevamo un bellissimo rapporto. È una tragedia».
«Per descrivere la fedeltà di Gigi Guccini al gruppo – così lo ricorda il segretario del Partito comunista di Livorno, Lenny Bottai, riepilogando l’esperienza di Guccini nelle Brigate autonome livornesi – basta ricordare quando eravamo in sciopero e per protesta attaccavamo uno striscione e uscivamo dallo stadio. Ma quella domenica si giocava al Sud, non ricordo se a Messina o Palermo, ma credo fosse la seconda. “Che problema c'è? Si va”, Gigi con una brigata di matti in furgone andò, si fece centinaia di chilometri, attaccò lo striscione di protesta e tornò indietro senza nemmeno guardare la partita. Chi capisce queste cose capisce. La terra ti sia lieve compagno militante. Un pezzo del 1999 viene con te. Fino all'ultimo bandito!».
Commovente anche il ricordo di Giovanni Ceraolo, anima di Asia Usb Livorno: «Se n’è andato un compagno storico della nostra città – scrive sulla sua pagina Facebook – Ci siamo conosciuti meglio quando, dopo la trasferta di Roma con la Lazio, ci siamo ritrovati nella stessa cella per due giorni quasi. In 50 in pochi metri quadri. Cercavamo di tranquillizzare gli altri e di nascosto telefonavamo agli avvocati per riuscire a uscire da quella situazione. Poi hai deciso di dare una mano nel comitato e nel sindacato. Ti sei dimostrato una grande persona. Capace di comprendere e affrontare tutte le difficoltà, anche da punto di vista umano. Siamo rimasti tutti senza parole».