A casa pure i bambini delle materne. I presidi delle superiori ottimisti: «Le lezioni a distanza sono ormai collaudate»
PADOVA. DaL 15 marzo chiudono le scuole per 107.784 studenti di Padova e provincia, dalle materne (3-5 anni) agli istituti superiori statali, dove studiano 38. 323 ragazzi. E, materne a parte, tutti tornano in Dad. Cambio di semaforo anche per i 19 mila studenti delle Superiori, che erano tornati in presenza al 50% dal primo febbraio sino a ieri.
I genitori preoccupati
Tutti a casa, incollati al computer a seguire le lezioni impartite dai docenti che, quasi ovunque ,hanno l’obbligo di andare in aula. Immediata la reazione dei genitori che nella maggioranza dei casi preferiscono l’insegnamento in presenza. «Le fabbriche e gli uffici aperti e le scuole chiuse», sottolinea Miriam Agostini, coordinatrice del Forum padovano delle associazioni dei genitori (Fopags), «Purtroppo non c’è possibilità di fare un’altra scelta. Siamo tornati indietro. La giostra è tornata al punto di partenza. Eppure nelle scuole i protocolli sanitari in vigore avrebbero continuato a garantire un insegnamento sicuro. Ancora una volta i problemi vengono scaricati sulle famiglie. I grandi delle superiori si potranno arrangiare da soli. Ma chi controllerà gli allievi delle materne, elementari e medie? I governi devono accelerare sulle vaccinazioni».
I presidi
Diversificati i commenti dei presidi. «È una giusta risposta per scongiurare la terza ondata dei contagi», osserva Concetta Ferrara, preside al Primo ed all’Undicesimo Comprensivo, «La Dad nelle scuole padovane, dopo il lungo rodaggio effettuato l’anno scorso, funziona bene. I ragazzi hanno tenuto un impegno costante e anche le disconnessioni telematiche si sono contate sulle dita di una mano».
Il dirigente del Marchesi/ Fusinato la pensa allo stesso modo. «La salute viene prima di tutto e di tutti», sottolinea al riguardo il professor Giuseppe Sozzo, «La mossa del nuovo governo potrebbe rivelarsi giusta per far calare la curva dei contagi già entro un mese. La Dad, poi, non deve essere demonizzata. È una forma di didattica che, ai tempi del nuovo digitale, va incontro alle esigenze degli studenti».
Diverso, invece, il commento del preside del Secondo Istituto Comprensivo: «Inutile coniare tortuosi giri di parola», sostiene Andrea Muto, «La vera scuola è quella in presenza. Nelle mie classi, dal 14 settembre, non c’è stato alcun contagio. Perché anche gli istituti virtuosi devono finire nel calderone di quello che decide il comitato tecnico-scientifico?». —