LIVORNO. Siamo dietro via Grande, il salotto buono della città. Nessuno lo sospetterebbe vicino a tanto movimento, al mercato, alla sinagoga, a centinaia di negozi, di uffici, di belle abitazioni. Ma, nella rumorosità e vivacità del centro labronico, c’è una parte silente che è in questa condizione ormai da diversi anni. E che sta morendo d’abbandono.
Siamo tra via Grande, via della Posta, via delle Galere e via della Madonna dove si erge una costruzione, a forma di ferro di cavallo, con più palazzi, quasi tutti vuoti e di proprietà dell’Inps. Sono 34 gli appartamenti in tutto: cinque sono abitati perché venduti dall’istituto alcuni anni fa e solo un paio ancora affittati. Nello stesso ferro di cavallo ci sono anche oltre dieci fondi non utilizzati. Questi edifici, esemplificazione di come l’Inps ha gestito il suo patrimonio, stanno accusando un malanno dietro un altro. Da dieci anni, infatti, l’istituto ha iniziato a dismettere le sue vesti di “locatore”, ha puntato sulla vendita dei suoi immobili ma i risultati non ci sono stati. In Toscana, per dare alcuni dati, il patrimonio, tra abitazioni, fondi a uso negozio/ufficio, garage, posti auto e terreni, ammonta a circa mille unità. E circa 320 sono gli immobili vuoti. L’Inps, tra l’altro, alla nostra richiesta di avere chiarimenti rispetto allo stato di manutenzione del patrimonio, non ha risposto.
Tornando a Livorno, su uno dei versanti del ferro di cavallo, nei giorni scorsi, sono andati via gli ultimi inquilini, Fiorenzo Marconi e la moglie Miria Degl’Innocenti, 87 e 84 anni, qui in affitto dal 1993. Hanno lasciato per uno sfratto esecutivo perché, all’improvviso, nel 2018, si sono trovati a dover pagare “oneri accessori” per 15mila euro. Una somma abnorme per acqua e servizio di portierato che, da pensionati, non hanno potuto onorare. Hanno fatto solo il tentativo di chiedere un “giustificativo” delle spese ma, come spiegano loro stessi «non siamo riusciti ad averlo in nessun modo».
E anche questo condominio ora è rimasto deserto in balia, tra l’altro, a quelli che a Livorno chiamano gli “sfondamenti” che sono stati già tentati. A ostacolare gli inquilini abusivi c’è, comunque, ancora un portiere per tutto l’enorme complesso. E pure la struttura delle abitazioni costruite nel 1951 che, nonostante tutti i malanni evidenti, sarebbe ancora in parte solida. Entrando in uno dei palazzi del ferro di cavallo, il portone d’ingresso è pesante e consistente, di ferro e vetro, a dimostrazione di un passato dignitoso e rispettabile. L’immobile era dell’istituto Inpdai, dei dirigenti di aziende, poi soppresso e confluito nell’Inps.
Ma salendo le scale si vedono i danni fatti dall’incuria: le pareti sono vittime dell’umidità. Si vedono poi i contatori aperti, senza più sportelli, ma rimaneggiati di recente. E buchi aperti a scalpellate senza alcuna ripresa. Anche le porte dei singoli appartamenti, in legno scuro, danno l’idea di robustezza ma l’opacità mostra che ormai nessuno le spolvera più, o le vernicia, da lungo tempo. A un ingresso si vedono evidenti i segni di un tentativo di occupazione.
Poi la visita in uno degli appartamenti: un’abitazione luminosa e ampia , circa cento metri quadrati costruiti con una spaziosa area giorno, con camere e cucina ampie e i pavimenti di graniglia gialla e nera che, se lucidata, avrebbe ancora un suo perché, magari con mobili di modernariato. Le terrazze sono due, da una si vede il mare e il porto. All’interno, si notano (e si sentono) diversi metri quadrati di umidità. L’acqua arriva dal tetto, da una copertura che probabilmente ora copre poco.
Gli intonaci sulle parti esterne sono tutti rigonfiati per l’acqua e c’è il rischio che possano anche cadere dall’alto. Tra l’altro, pochi giorni fa, in uno di questi palazzi Inps, proprio per le condizioni precarie, è stata fatta una verifica dei vigili del fuoco. A completare, l’affaccio sulla corte interna: su tre parti ci sono palazzi Inps, tutti tristemente vuoti.
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