CANNETO SULL'OGLIO. Max Pezzali li definirebbe “gli anni d’oro”. Non del grande Real, ma della grande Cannetese. Quella che per 4 stagioni divenne una delle regine della Promozione. Una squadra straordinaria, con un tasso tecnico elevatissimo per l’epoca. Dal 1996 al 2000 sotto il controllo di Attilio Mussini come presidente, con il figlio Claudio in qualità di vice e Gargioni nelle vesti di direttore sportivo. La volontà di far brillare Canneto di luce propria al cospetto di club di altissimo livello. Dal Suzzara alla Poggese, dall’Orceana all’Orsa Iseo passando per il Carpenedolo di un giovane Tommaso Ghirardi. Tutti messi in riga dalla piccola-grande Cannetese.
Era una bomboniera quella formazione, nata da uno zoccolo duro rafforzato anno dopo anno. “Cacio” Nicoletto e Furgeri in porta, poi i vari Viola, Bolsi, Sarzi e Pedretti. Cicognini e Goffredi terzini (i due esterni difensivi più forti visti in categoria da chi vi scrive), “Macho” Mazzi in regia insieme a Ruzzenenti, Giacomazzi (quando non c’era si spegneva la luce), Pirri e Baciocchi. E poi l’attacco, con quel mastino di Camerini e quei giovani terribili in rampa di lancio (De Martino, Ferranti, Armelloni e Buoli, solo per citarne alcuni). Una macchina da guerra, capace di arrivare al secondo posto in Promozione (categoria prestigiosissima all’epoca) nel 1999 dietro solo alla corazzata Castellana. E in panchina? Un guru del calcio dilettantistico dell’epoca come Alan “baffo” Saldini. Poche parole, 4-4-2 quasi intoccabile e una carica incredibile trasmessa allenamento dopo allenamento (e sigaretta dopo sigaretta...) alla squadra. Un’alchimia tinteggiata di rossoblù che coinvolse tutto il paese: lo stadi Tazzoli sempre stracolmo, tifosi presenti anche nelle trasferte più proibitive.
Un sogno che finì nell’estate del 2000, quando la famiglia Mussini decise di spostare il titolo sportivo ad Asola e proseguirà in un paese più grande e attrattivo. Fu un azzardo che non pagò visto che la squadra si disgregò e alla fine retrocesse nell'indifferenza generale. La Cannetese ripartì dai giovani del paese, quegli stessi ragazzi che la domenica si mettevano vicini all’imbocco del sottopassaggio che collega spogliatoi e campo. Tutti lì, a sognare quella maglia, quel calore, quella passione.