I dpcm, ovvero i decreti ministeriali emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sono stati molto discussi e chiacchierati negli ultimi mesi, tra la gente comune e negli ambienti della politica. Ma non solo. In effetti, c’è chi si è domandato se i divieti e le restrizioni agli spostamenti e le altre misure di contenimento anti-covid, incluse nei Dpcm fossero illegittime ed incompatibili con la Costituzione. La risposta è arrivata dalla magistratura. Vediamo più nel dettaglio.
Prima di considerare l’argomento dal lato “giudiziario”, spendiamo qualche parola sul termine “dpcm“, che tanto ha trovato spazio sui giornali e nei tg in questi ultimi mesi, ma che quasi mai ha avuto – contestualmente – anche qualche chiarimento sul suo significato a livello giuridico. Ebbene, con un dpcm abbiamo un decreto ministeriale che è al contempo un atto amministrativo e, in quanto tale, nel sistema delle fonti del diritto, riveste carattere di fonte normativa di grado secondario. In linea generale, il decreto è mirato a dare attuazione a leggi o a introdurre regolamenti. Attenzione: non bisogna confondere il dpcm con il decreto legislativo, che è invece un atto con forza di legge emanato dal Governo nel suo complesso, e sempre in virtù di una legge di delega parlamentare.
Non pochi si sono domandati il perché, a seguito della diffusione del coronavirus, siano stati varati dei dpcm che prevedono forti limiti a diritti fondamentali come quello di movimento (e sanciti dalla stessa Costituzione), senza passare prima dall’esame del parlamento. La risposta che è stata data è che il dpcm ha rappresentato e rappresenta il metodo più rapido, garantista ed efficace per tutelare la salute individuale e collettiva, in caso di emergenza sanitaria grave. Ciò pur tenuto conto della penalizzazione che consegue nei confronti dei diritti costituzionalmente garantiti (tra cui movimento, impresa, istruzione), e tenuto conto che il percorso legislativo delle leggi dura di solito mesi. Le tempistiche ed il fatto stesso dell’assembramento delle persone non sono dunque sembrati una buona scelta, potendosi intervenire con lo strumento del dpcm, in via eccezionale e puramente emergenziale. Malgrado ciò, non sono mancati visioni differenti e critiche nei confronti del decreto ministeriale.
Come anticipato, il mondo giudiziario, com’era scontato immaginare, è stato coinvolto sulla questione della legittimità e compatibilità con la Costituzione dei dpcm emergenziali. Ebbene, una recente sentenza del giudice di pace di Frosinone sancisce che la chiusura forzata delle attività e l’obbligo di non uscire da casa, se non per fondati motivi, sono stati illegittimi ed incostituzionali, ovvero i dpcm adottati sono risultati mancanti – agli occhi del citato giudice – della necessaria e valida copertura costituzionale e legislativa. In parole povere, sono stati varati senza un vero fondamento giuridico. In particolare, secondo il giudice di pace di Frosinone la dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio è illegittima e – a cascata – i dpcm che ne sono derivati sono da ritenersi invalidi perché illegittimi a loro volta.
Nel caso concreto affrontato dal detto giudice, è stata conseguentemente annullata una multa inflitta ad un cittadino, ricorrente contro di essa, che era uscito di casa nonostante il lockdown e i dpcm limitativi della libertà personale. L’annullamento della multa è stato insomma la conseguenza dell’illegittimità del decreto ministeriale.
In particolare, sulle seguenti considerazioni, il giudice di pace ha fondato l’illegittimità dello stato di emergenza e dei dpcm conseguenti:
In sintesi, il giudice di pace ha concluso che la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale dello scorso 31 gennaio, adottata con delibera del Consiglio dei Ministri, è illegittima e, conseguentemente, lo sono anche gli atti successivi adottati per l’emergenza, ovvero i dpcm.
Addirittura i dpcm risultano essere invalidi sotto un altro punto di vista, quello “costituzionale“. Infatti, per il giudice di pace di Frosinone, l’Esecutivo in carica avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti del decreto legislativo o del decreto legge, e non avrebbe dovuto attivarsi con i dpcm che – come detto sopra – sono atti meramente amministrativi e sotto-ordinati rispetto alla legge. Il risultato in pratica, secondo la ricostruzione del detto giudice, è stato quello di agire al di fuori degli spazi e dei limiti consentiti dalla Costituzione.
I dpcm hanno imposto un generale lockdown delle attività e l’obbligo di restare a casa e di non uscire se non per fondati motivi, ovvero una restrizione generale delle libertà personali: tali elementi non trovano fondamento nella Costituzione, che anzi li vieta. E per quanto detto sopra, a giustificazione di essi, non può neanche essere considerato lo “stato di emergenza”.
Concludendo, si tratta di un primo significativo caso giurisprudenziale che nega la validità dei recenti dpcm: vedremo nei prossimi mesi se, in casi analoghi, altri giudici giungeranno a valutazioni non dissimili da quelle sopra esposte.
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L'articolo Dpcm incostituzionali: ecco la decisione-chiave ed i motivi dell’illegittimità proviene da Termometro Politico.