Il tecnico informatico sarà interrogato venerdì mattina insieme a Matteo Fasolo. Al setaccio i conti correnti dei parenti dopo l'operazione della Guardia di Finanza
PADOVA. La Guardia di Finanza sta dando la caccia al tesoro di Gianmario Barban, il 35enne tecnico informatico di Borgoricco arrestato lunedì insieme a Matteo Fasolo (46enne originario di Campodarsego), che risulta nullatenente.
Per questo i militari delle Fiamme Gialle stanno passando al setaccio i conti correnti dei familiari per capire che fine abbia fatto una parte dei 3 milioni e 700 mila euro che i due sono accusati di aver prelevato dalle casse di enti pubblici con il meccanismo della compensazione. Venerdì mattina sono stati fissati gli interrogatori di convalida di fronte al giudice Margherita Brunello.
Barban, difeso dall’avvocato Pascale De Falco, risponderà a tutte le domande del magistrato sicuro di poter chiarire la sua posizione. «Nessuna truffa», ha spiegato ieri il 35enne, «non sono la persona che è stata descritta. Quelle foto risalgono ormai a diverso tempo fa. Negli ultimi anni, pur con le difficoltà che stanno vivendo in molti, mo sono semplicemente impegnato a lavorare. Sono sicuro di poter chiarire tutta questa storia che è stata gonfiata».
Il tesoro
Il fatto che Barban risulti nullatenente ha convinto gli investigatori del fatto che una cospicua parte del denaro sia finita in qualche conto corrente all’estero. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche alcuni parenti dei due arrestati (tra cui la zia di Fasolo e la sorella di Barban) proprio per capire se il denaro sia circolato sui conti di qualche parente.
«Ora è da approfondire l’aspetto legato al riciclaggio e auto riciclaggio del denaro indebitamente incassato e trasferito all’estero», ha spiegato il procuratore capo Antonino Cappelleri. I due infatti Contattavano Camere di Commercio, enti locali e enti bilaterali, con il modello F24 certificavano debiti (che in realtà non esistevano) e vantavano crediti, pure questi inesistenti. Riuscivano così a monetizzare i crediti tributari, li facevano transitavano in vari conti correnti che svuotavano ogni giorno.
Altra tecnica: richiedere compensazioni di crediti erariali fittizi con imposte realmente dovute. O ancora creare falsi crediti Iva in dichiarazione, tramite l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, cui seguiva la richiesta di rimborso all’ufficio finanziario competente. Un sistema rodato che, secondo l’accusa, avrebbe fruttato quasi 4 milioni di euro.
La bella vita
Con i soldi sottratti all’erario i due avrebbero fatto la bella vita sfoggiata anche sui loro profili social. Un’immagine che però è respinta da Barban. «Non si riconosce assolutamente in quelle immagini che risalgono a ormai diversi anni fa», afferma l’avvocato De Falco, «venerdì saremo pronti a fornire al giudice tutte le risposte che ci saranno richieste». —
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