IVREA. Il 22% dei dipendenti amministrativi, 8 su 36, sono stati in malattia per questioni legate al Coronavirus. Il Covid ha colpito, eccome se ha colpito, anche in tribunale. Per fortuna non si è portato via nessuno, ma ha avuto riflessi importanti sul funzionamento del palazzo di giustizia eporediese, già gravato da due fardelli: la carenza di spazio e di personale.
Basta recarsi in via Pavese per accorgersi di come l’emergenza in corso abbia peggiorato i problemi strutturali già presenti. Il percorso dell’ingresso oggi è segnato dai nastri rossi e dai termoscanner, ma è il meno. Nelle aule di giustizia la capienza fissata è bassa e spesso costringe i giudici alla conta dei presenti. Avvocati, funzionari, cronisti, carabinieri: a tutti è capitato di essere accompagnati all’uscita.
Negli uffici dove lavora il poco personale amministrativo in servizio, ridotto a 36 dipendenti su 66 previsti, la situazione non è certo migliore. Per questo lo sciopero di mercoledì 10 ha visto un’adesione massiva, di 23 dipendenti su 36 totali (ma alcuni sono ancora in malattia). «Sinceramente - spiega Maddalena Armillotta, funzionaria responsabile dell’area penale, durante il presidio di fronte al palazzo di giustizia - se dovessero arriva altre 30 persone, non sapremo dove metterle. Mancano degli spazi adeguati. Abbiamo una pianta organica già insufficiente, perché stabilita prima dell’accorpamento che ci ha resi il secondo tribunale del Piemonte come bacino d’utenza. Ma non siamo supportati in termini di personale e spazi».
Non sono problemi nuovi, il presidente Vincenzo Bevilacqua li sottolinea sin dal primo giorno del suo mandato. Ma l’emergenza li ha acuiti in maniera esponenziale. «I dipendenti di Ivrea sono in una situazione drammatica, con carenze soprattutto nelle funzioni apicali che servono per dirigere un tribunale», informa il delegato della funzione pubblica Cgil Torino, Roberto Pisano. «Ormai è insostenibile - spiega il rappresentante sindacale Yuri Gabba -, siamo il 50% in meno e mancano i due direttori amministrativi previsti in pianta organica. I funzionari sono 5 su 14. I cancellieri 3 su 7. E il lavoro ricade tutto sui pochi presenti. Dopo riforma della geografia giudiziaria il territorio è aumentato del 300%. Oggi il periodo Covid ha condizionato molto la nostra attività lavorativa perché ci sono uffici decimati dalla pandemia. Ne hanno fatto le spese, purtroppo, anche i nostri familiari e congiunti. Noi oggi abbiamo scioperato per lavorare meglio a favore dei cittadini, perché poi ci occupiamo di cose che li riguardano in prima persona».
Testimone diretto delle due carenze, di organico e personale, che il Covid acuisce, è il presidente dell’Ordine degli avvocati Pietro Cecchin. «I problemi con il tempo si sono risolti - spiega Cecchin -, grazie alla volontà del presidente del tribunale e dei giudici. All'inizio si trovavano code, perché c’è soltanto un accesso. Poi c’è stata collaborazione, sono stati raggiunti protocolli necessari per tenere udienze e svolgere le operazioni di cancelleria, quelle noi avvocati chiamiamo le “commissioni” e finiscono per portare via troppo tempo. Ora che la prenotazione è entrata a regime, è più semplice. Certo, la situazione è di emergenza, bisogna venirsi incontro».
Nell’altro palazzo di via Pavese, quello della procura della Repubblica, il codice rosso è assoluto. Ieri, 10 dicembre, ha dato l’addio anche il sostituto procuratore Carlo Introvigne, diretto a Vercelli. Restano a guardia del territorio il procuratore capo Giuseppe Ferrando più tre magistrati: Daniele Iavarone, Lea Lamonaca e Alessandro Gallo. La pianta organica prevista è di 9. E anche qui c’è carenza di figure apicali amministrative: il direttore manca dal 2013. —
