Da Agliè a Settimo Vittone, tanti rinunciano a coprire i servizi A Bessolo, Verde in perdita per pagare tute e mascherine
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Turni da organizzare tutti i giorni. E volontari sempre meno numerosi. Che hanno chiesto di essere sospesi dalla programmazione settimanale perché non più giovanissimi o a contatto stretto con un familiare “fragile”. È questo l’altro lato delle associazioni del soccorso a nove mesi dall’esplosione della pandemia. La carenza di personale.
Lo vivono sulla loro pelle le piccole realtà del soccorso basate sul volontariato e con organici dall’età media elevata. Le stesse che, se riescono lo ugualmente a star dietro alle richieste, è solo perché i trasporti per visite mediche ed esami clinici si sono quasi azzerati. E chi resta disponibile si fa in quattro.
Ad Agliè il comitato locale della Croce rossa ha operative solo persone volontarie, non ci sono dipendenti. Una sessantina in periodi normali le unità in organico. Di queste, sono 35 le effettive. Poi accade che il numero si riduca drasticamente per qualcosa che nessuno si aspettava, l’emergenza sanitaria, spiega la presidente Laura Moreschini. «Usiamo misure e dispositivi anti Covid dal primo giorno, naturalmente. Però tanti hanno paura. Per questo ci hanno chiesto di non essere coinvolti nell’organizzazione dei turni, e ci mancherebbe. Comprensibile». Cinquant’anni di attività l’anno prossimo, la Cri di Agliè conta tre ambulanze, altrettanti Doblò, due auto che usa per servizi secondari privati e in convenzione con l’Asl, dalle dialisi ai ricoveri, le visite mediche e gli esami urgenti, la consegna a domicilio di farmaci e alimentari. «Ci piacerebbe fare anche un servizio di ascolto, ma non abbiamo le forze. Il lato positivo è che quattro ragazzi universitari hanno da poco ultimato il corso di formazione, quello meno positivo è che i volontari non bastano mai, fatichiamo».
Volendo è possibile entrare in Croce anche come centralinisti o barellieri (in questo senso vale il corso base organizzato periodicamente dalla Croce rossa italiana). «Non è necessario salire sull’ambulanza – continua Moreschini –. Se uno ne ha voglia, bastano anche due ore a settimana per alleggerire il carico di tutti e sentirsi parte della squadra». Situazione molto simile a un altro comitato locale, la Cri di Settimo Vittone presieduta da Anna Baratella, dove su 30 volontari sono rimasti operativi solo in una decina. «Chi lavora viene qui dopo aver lavorato, chi non lavora appena può. Siamo in servizio sette giorni su sette, dalle 7 alle 19, e lo saremo anche durante le feste». Servizi al netto dei trasporti di pazienti Covid che la Cri di Settimo Vittone ha scelto di declinare in quanto priva della struttura esterna tipo gazebo richiesta le sanificazioni degli operatori al termine delle uscite. «Abbiamo cinque mezzi che stanno accusando il colpo e mi riferisco alle soluzioni alcoliche che vengono usate per le igienizzazioni. Passato il Covid avremo bisogno dell’aiuto di tutti per cambiarne due». Ha bisogno di una mano subito invece la Croce verde bessolese (Scarmagno), altro presidio alle prese con il personale all’osso. «Non solo – osserva il presidente Paolo Puppato –. Ci siamo fatti quattro conti. In media un servizio richiede uno spostamento di 30-35 km, un km di ambulanza vale 0.90 centesimi al km. Significa che entrano ogni volta 27 euro. Il punto è l’extra costo dei dispositivi di protezione anti Covid, che nel nostro caso, non essendo noi convenzionati con 118 o Asl, ricadono tutti sulle nostre spalle». Visiere, guanti, calzari, mascherine, tute, igienizzanti. Un kit da moltiplicare per due o tre a seconda dei volontari coinvolti. «Una tuta prima del Covid ci costava 3 euro, adesso 12. I numeri purtroppo sono questi, quest’anno». —