Contro ogni previsione, il Festival di Hyères ha festeggiato il suo 35° anniversario dal 15 al 18 ottobre nella cittadina del sud della Francia. Il festival, che si svolge prima dei premi ANDAM, Woolmark e LVMH, mantiene il primato di concorso dedicato alla moda più antico del mondo, anche per aver lanciato nomi del calibro di Viktor & Rolf, Anthony Vaccarello di Saint Laurent, Julien Dossena di Paco Rabanne e Lisi Herrebrugh e Rushemy Botter di Nina Ricci.

Il festival, che doveva tenersi ad aprile, è stato rinviato, ma ha dovuto comunque fare i conti con le stesse difficoltà che tutti gli organizzatori di eventi hanno affrontato quest’anno — gli assembramenti da controllare rigidamente, e i viaggi internazionali sconsigliati, vietati o seguiti dalla quarantena — ma l’evento, suddiviso in tre sezioni, è andato comunque avanti. La sua missione? Fornire un trampolino di lancio per stilisti, fotografi e designer di accessori che hanno presentato i loro lavori a giurie prestigiose in un contesto dalla ricchissima tradizione artistica ma anche dalla grande joie de vivre. In un periodo in cui questioni come gli sprechi e i consumi eccessivi sono più attuali che mai, il festival e i suoi concorrenti hanno fatto passi avanti per cercare di affrontarle, stimolando il dibattito attraverso concept fotografici e con un’attenzione concreta agli abiti e alle modalità produttive. 

Maximilian Rittler Des Rues
Maximilian Rittler Des Rues
Photography by Adeline Mai

Il Festival di Hyères, che si tiene a Villa Noailles, edificio progettato dall’importante architetto francese Robert Mallet-Stevens, quest’anno è stato ridimensionato, e alcuni dei membri della giuria e concorrenti si sono collegati virtualmente. Chi era fisicamente presente ha partecipato a eventi socialmente distanziati, dalla bellissima performance sul tetto dell’edificio del collettivo (La)Horde del Ballet National de Marseille con il cantante francese Yseult, al concerto di chiusura, un omaggio al cantante Christophe, scomparso in aprile.

Nel corso del pomeriggio finale del contest, il presidente della giuria moda Jonathan Anderson ha annunciato, in video, il nome del vincitore del Première Vision Grand Prix, incoronando Tom Van Der Borght, stilista belga di menswear, classe 1978, che ha elogiato per aver creato “una tipologia completamente nuova di forme, un nuovo tipo di adesione a una silhouette… Senza compromessi.” Ecco i momenti clou della quattro giorni di eventi.

1. Il premio Métiers d’Art di Chanel lascia ancora il segno

Mentre Chanel si prepara a lanciare Le 19M, un nuovo hub per gli atelier di Métiers d’Art che dovrebbe aprire a Parigi a metà del 2021, la presenza della maison si è fatta sentire più del solito al festival da quando Karl Lagerfeld aveva presieduto l’edizione 2015 come direttore creativo. Con più di 30 artigiani che lavorano per la maison, Chanel ha abbinato un atelier a ciascuno dei 10 finalisti dell’area fashion che hanno creato un accessorio a completamento della collezione della griffe vista in passerella grazie al know-how di ciascun atelier. E per il 2020, questi abbinamenti hanno portato a risultati sorprendenti e interessanti.

Andrea Grossi, Causs.
Andrea Grossi, Causs.
Photography Adeline Mai

2. Róisín Pierce: ispirazione imperfezione

Selezionato dalla fashion jury, il vincitore dei 20.000 euro offerti dal premio Chanel Prix des Métiers d'Art è invitato a sviluppare un progetto più esteso per l’anno successivo. La vincitrice dello scorso anno, Róisín Pierce, irlandese, ha fatto quindi ritorno a Hyères per presentare la sua collezione, Bláthanna Fiáin, nello showroom ‘Formers’ del festival. 

E con l’atelier parigino Paloma — diretto oggi da Regina Weber, concorrente del festival nel 2018— Pierce ha creato un abito bianco a uovo con cappa abbinata realizzato a mano con migliaia di petali in cotone goffrato e tulle, ispirato alla bellezza delle ortensie bianche. “Volevo creare un abito che avvolgesse la modella”, spiega Pierce. “Una nuova tipologia di texture, e gli artigiani dell’atelier Paloma sono dei veri maestri”. Per completare la sua collezione total white la stilista ha creato un morbido basco in sangallo con Maison Michel, e una minaudière a uovo in collaborazione con Les Ateliers de Verneuil-en-Halatte.

Roisin Pierce
Roisin Pierce
Photography: Andrew Nuding

3. Jonathan Anderson: la scelta di abiti e giurati

Sebbene fisicamente assente, Jonathan Anderson ha affrontato il suo ruolo di presidente della giuria fashion con grande attenzione, specialmente per quanto riguardava la composizione della giuria, che quest’anno comprendeva lo stylist Benjamin Bruno, il fotografo Tyler Mitchell, il sound designer Michel Gaubert, il critico di moda Tim Blanks, la stylist e scrittrice Amanda Harlech, e la supermodella Kaia Gerber, che hanno passato molto tempo con i concorrenti su Zoom. La mostra di Anderson, I Curate, si è svolta invece nella zona della piscina interna illuminata di Villa Noailles, sfruttando i soffitti altissimi della sala per creare piccole isole realizzate con colonne tricot intorno alle quali sono stati esposti alcuni look delle sue collezioni per Loewe e per JW Anderson dal 2015 a oggi. 

Se le colonne (e alcuni dei capi) guardavano a Isamu Noguchi e Issey Miyake, che hanno ispirato la mostra Disobedient Bodies di Anderson allestita nel 2017 al museo di Hepworth Wakefield, la scelta dei capi per Hyères racconta storie diverse, dall’eleganza delle spiagge spagnole delle sue prime creazioni per Loewe ai bozzoli pelosi dell’AI2020 per il suo marchio, JW Anderson.

JW Anderson
JW Anderson
Luc Bertrand

 4. La fotografia ‘silenziosa’ di Paolo Roversi

Nel frattempo il fotografo italiano Paolo Roversi aveva preso possesso del campo di squash della Villa, un cubo grigio chiaro che ha ospitato mostre di tanti fotografi, fra cui Craig McDean, Oliviero Toscani e William Klein. I ritratti in studio e le foto di moda di Roversi, quest’anno presidente della giuria che ha assegnato il premio per la fotografia in concomitanza con una retrospettiva nella sua città natale, Ravenna, sono state presentate nella mostra Silenzio, curata da Chiara Bardelli Nonino di Vogue Italia. 

La selezione di scatti, che prendono spunto dal brano sperimentale 4’33 di John Cage del 1952, ha preso in considerazione l’approccio silenzioso di Roversi alla creazione di immagini. Un anonimo attrezzo di scena, una coperta grigia, spesso visibile nelle sue foto, è stato presentato come soggetto a se stante, mentre nuance come rosso scuro e blu inchiostro erano fra i pochi colori presenti in una selezione in cui predominano il bianco e nero. Ma sono gli sguardi di modelle come Kate Moss e Guinevere Van Seenus, e la bellezza indiscutibile delle creazioni di designer come Yohji Yamamoto, Comme Des Garçons e Azzedine Alaïa, a rubare la scena. 

Paolo Roversi per Yohji Yamamoto, Paris 1996
Paolo Roversi per Yohji Yamamoto, Paris 1996
PAOLO ROVERSI

5. Barrère e la sua gang scintillante

Hubert Barrère, direttore creativo della maison francese di ricami Lesage, è stato incaricato di presiedere la giuria che ha assegnato il premio per i migliori accessori. Introdotto nel 2017, è il premio più nuovo del festival e una categoria importante nel settore che si va ad aggiungere a quelle già presenti. La grandissima esperienza nella haute couture di Barrère è stata evidente per tutto il festival, dalla sua straordinaria mostra di creazioni ricamate alla masterclass di sabato pomeriggio in cui ha parlato con molta franchezza a proposito delle voci di acquisti non etici di ricami in India. E ha condiviso aneddoti di “scontri tra ego” nell’ambiente della moda parigina, fra questi il racconto, molto apprezzato dal pubblico, di quando Pierre Bergé, cofondatore di Yves Saint Laurent, aveva ordinato al grande François Lesage di usare l’entrata riservata alla servitù per accedere alla maison. 

La Métis et L'Artifice: un corsetto
La Métis et L'Artifice: un corsetto

Barrère si è assicurato invece di fare un’entrata in grande stile, presentandosi alla cerimonia di premiazione accompagnato dai membri della giuria, gli attori Nicolas Maury e Joana Preiss, la designer Yaz Bukey e la coreografa Blanca Li, tutti sfavillanti di paillettes, gioielli in oro di Goossens e persino di diamanti Chanel. Una gang scintillante che ha dato consigli preziosi ai finalisti della categoria accessori, prima di consegnare il premio al duo di designer francesi Ddiddue & Juana Etcheberry per Owantshoozi, una sgargiante collezione di cappellini da baseball patchwork upcycled, creata sui Pirenei francesi.