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Fedriga: «Dobbiamo convivere con il virus, no a un secondo lockdown. Il vaccino arriverà in primavera»

UDINE. Un Dpcm con luci e ombre. Una Regione che guarda sicuramente con un pizzico di preoccupazione in più del recente passato all’andamento della pandemia nel proprio territorio con la consapevolezza, però, che con il Covid bisognerà conviverci a lungo. Massimiliano Fedriga, in altre parole, analizza lo stato dell’arte della gestione dell’emergenza-Covid – di cui è fresco Commissario in Friuli Venezia Giulia – non lesinando un paio di risposte particolarmente dure alle opposizioni e, in particolare, al Partito democratico.



Presidente che giudizio può dare dell’ultimo Dpcm di Giuseppe Conte? Ha ragione il suo collega ligure Giovanni Toti a sottolineare come, finalmente, le richieste delle Regioni siano state ascoltate e incluse nel testo?

«Soltanto in parte, esattamente come parzialmente sono state recepite le nostre osservazioni riguardo, ad esempio, alle chiusure indiscriminate che quantomeno una parte del Governo insisteva nel voler applicare alle attività economiche».



A quali realtà?

«C’era un po’ di tutto tra palestre, parrucchieri, piscine e centri benessere mentre noi, come Regioni, fin dall’inizio ci siamo opposti con forza alla chiusura delle attività economiche che permettono alla gente di lavorare. Su questo, almeno, ci hanno ascoltato, mentre su altri aspetti hanno tirato diritto».



Si riferisce alla scuola?

«Sì, quello è stato un punto nevralgico della discussione. Avevamo chiesto maggiore chiarezza al ministero dell’Istruzione per quanto riguarda la didattica a distanza alle superiori. Invece ne è uscito un testo confuso e difficilmente applicabile.

Una confusione figlia dell’intervento, stonato, di Lucia Azzolina secondo la quale la scuola rappresenta un mondo a sé all’interno dell’emergenza. Io non ne sono convinto e, anzi, penso che si debba organizzare il modello-scuola con l’obiettivo di abbattere la pandemia e questo comporta una riduzione dell’utenza nei trasporti, almeno negli orari di punta».



Converrà, però, che l’alzata di scudi dei Comuni, anche se non da parte dei sindaci di Trieste e Udine, è incomprensibile. Non erano i sindaci che pretendevano maggiore autonomia decisionale dal Governo quando la situazione era in miglioramento?

«Guardate che il passaggio sulle chiusure di piazze e vie non è mai stato discusso con nessuno, ma è stato inserito senza confrontarsi con l’Anci così come quello che prevede che le Regioni dovrebbero analizzare la curva dei contagi prima di autorizzare bar, ristoranti, centri di cura alla persona, e quant’altro, a restare operativi.

Un passaggio che abbiamo chiesto di eliminare perché già nel precedente Dpcm è stato stabilito come le Regioni possano soltanto applicare ulteriori strette a quanto deciso dal Governo e non ampliare la platea delle libertà individuali e di impresa».

Però sui Comuni non ha risposto...

«Il concetto è semplice. O nel Dpcm è stato scritto qualcosa che è già consentito, visto che i sindaci erano già autorizzati a emanare ordinanze comunali, oppure la scelta è figlia della precisa volontà di scaricare la responsabilità sugli enti locali. Senza dimenticare, inoltre, che anche questo passaggio del Dpcm è scritto in modo oscuro.

Credo che l’Anci nazionale si sia lamentata non soltanto del contenuto, ma anche del metodo con cui è stato emanato il provvedimento. Ma non è certo una novità visto che, anche questa volta, come Regioni abbiamo avuto non più di 50 minuti per presentare le nostre osservazioni finali, peraltro non accolte, al Dpcm di Conte».

Torniamo alla scuola e al Trasporto pubblico locale. Il Pd, in questi giorni, vi sta attaccando pesantemente sostenendo che non soltanto non siete stati in grado di farvi trovare preparati, nonostante foste a conoscenza dei problemi e la competenza in materia sia regionale, ma anche che non siate nemmeno in grado di spendere i soldi stanziati dal Governo...

«Purtroppo a qualcuno manca il confronto con la realtà e il Pd è entrato in questo mood ormai da parecchi mesi. Noi, d’intesa con le aziende di trasporto, abbiamo potenziato servizi e corse, abbiamo verificato il rispetto dell’80% della capienza massima e stiamo valutando la possibilità di coinvolgere i privati.

Il problema, però, è che i bus turistici non possono essere sfruttati lungo le tratte urbane dove si registra il maggior rischio di affollamento. Anche un bambino, in fondo, capisce che utilizzare quei mezzi per il trasporto urbano comporterebbe, di fatto, il blocco delle città creando nuovi assembramenti. È un problema, questo, sottolineato da tutte le Regioni, compresa l’Emilia-Romagna.

Anzi, è stato proprio Stefano Bonaccini a sollevarlo con il Governo. Il Pd, e questa è la verità, parla troppo, ma non si confronta nemmeno con i suoi altrimenti vivrebbe nella realtà. Una realtà, oggettiva, che dice che esiste un limite, perché mezzi e autisti non si creano dal nulla in una manciata di mesi e che l’unica via, percorribile, in questo momento, è quella della riduzione dell’utenza».

Presidente, a livello generale qual è la situazione della pandemia in Friuli Venezia Giulia?

«È innegabile che ci allarmi maggiormente rispetto a qualche settimana fa anche se, fortunatamente, siamo tra le Regioni che stiamo reggendo meglio. Certo, siamo consapevoli di non vivere in una bolla di sapone e come primo obiettivo, adesso, abbiamo quello di potenziare l’assistenza a domicilio.

La gara per l’acquisizione dei tablet si è conclusa e pertanto, a breve, saremo in grado di fornire, pur in diversi step, un migliaio di strumentazioni per l’assistenza da remoto con un’operazione unica in Italia. Poi, però, non va mai dimenticato un concetto di fondo».

Prego...

«Dobbiamo metterci tutti in testa che con il virus dovremo convivere a lungo. Il Comitato tecnico-scientifico ha spiegato chiaramente come i primi vaccini, destinati alle categorie più a rischio, arriveranno non prima della primavera, per cui per una distribuzione capillare alla popolazione servirà almeno un anno e mezzo.

Quindi o restiamo in lockdown un anno e mezzo rischiando di fare morire di fame le persone, e non credo sia nemmeno concepibile, oppure cerchiamo di mettere in campo tutte le armi a disposizione per reggere l’urto. È chiaro, poi, che continueremo a fare le valutazioni del caso, giorno dopo giorno, e se ci sarà la necessità di ulteriori restrizioni ne discuteremo con il Governo e le Regioni, ma adesso dobbiamo limitare al massimo i danni».

Si è arrabbiato per le accuse di Domenico Arcuri nei confronti delle Regioni sul mancato potenziamento delle Terapie intensive anche se il Friuli Venezia Giulia ha i numeri che corrispondono alle richieste del commissario nazionale?

«In realtà Arcuri ci ha presentato come esempio positivo. Detto questo, mi sembra che altre Regioni criticate abbiano inviato dati aggiornati che non collimavano con quelli, deficitari, in possesso dello Stato. Le Intensive, però, non si aprono soltanto con i ventilatori: quello che manca è il personale.

Serve un nuovo piano di reclutamento, cambiando anche le regole dello stesso, che garantisca prospettive serie alle persone, cioè contratti a tempo indeterminato, invogliando i professionisti a mettersi in discussione e assicurando così, allo stesso tempo, una stabilità anche in prospettiva al sistema sanitario che, negli ultimi anni, non ha ottenuto grandi investimenti».

Sempre il Pd, ieri, ha rilanciato il fatto che in Emilia-Romagna partano i test sierologici per studenti e famiglie...

«In Friuli Venezia Giulia seguiamo le indicazioni degli esperti dei nostri laboratori utilizzando i test più affidabili possibili. Dopodiché sono aperto a ogni soluzione, ma non posso certamente essere io a decidere quali esami usare. Mi baso su quello che stabiliscono i tecnici come utilità medica, non come effetto placebo per le persone».

A proposito di sanità, i dem sostengono pure che i conti del Sistema in Friuli Venezia Giulia non siano sotto controllo come dimostrerebbero i 50 milioni aggiuntivi che destinerete al comparto nell’assestamento autunnale...

«Anche in questo caso, di nuovo, il Pd si schianta contro la realtà dei numeri. Noi abbiamo diminuito drasticamente, da quando abbiamo vinto le elezioni, la crescita annuale che si vedeva nei conti della sanità.

Nei prossimi 50 milioni, peraltro, rientrano gli adeguamenti contrattuali, decisi a livello nazionale, alcune spese correlate all’emergenza Covid, come le minori prestazioni erogate in virtù della pandemia, e un risarcimento importante per Rsa e le case di riposo voluto per andare incontro a quelle realtà che si prendono cura dei nostri anziani.

All’interno delle previsioni messe in campo quest’anno, inoltre, trova spazio pure la quarantina di milioni, sempre legata al Covid, che dovrebbe esserci restituita dal Commissariamento nazionale. Certo, ci vorrà ancora tempo per mettere completamente in linea il sistema con le risorse a disposizione, ma quello che possono ammirare, tutti, oggi è comunque un miglioramento netto rispetto al passato.

Poi se il Pd vuole tagliare la sanità, come ha già fatto nella sua storia, in piena pandemia basta che lo dica e se ne assuma la responsabilità di fronte ai cittadini. Noi non vogliamo tagliare nulla, ma puntiamo a spendere meglio le risorse pubbliche».

Le parole di domenica di Conte, secondo lei, rappresentano la pietra tombale sul Mes?

«In tutta onestà mi sembra che il presidente del Consiglio abbia ripetuto semplicemente quello che noi, come Lega, ribadiamo da diverso tempo. E cioè che in campo c’è il Mes, ci sono le emissioni di titoli nazionali ed esiste anche la strada che percorrerà il sottoscritto, come Commissario, degli investimenti attraverso la Bei.

Il Governo deve decidere quali strumenti ritiene più efficaci e tutelanti per finanziare lo Stato. Per mesi ci è stato raccontato che senza Mes non sarebbero stati possibili investimenti in sanità e invece non è vero.

Accedere al Mes sarebbe una scelta politica che, ne sono convinto, farebbe percepire ai mercati una debolezza intrinseca dei nostri conti che andrebbe a riflettersi sul rendimento, peggiorandolo, dei nostri classici Btp». —

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