GROSSETO. Le saracinesche dello storico albergo a quattro stelle, fiore all’occhiello della città, sono abbassate e il colpo d’occhio in centro storico è surreale. Difficile non notare un’assenza così imponente. Ha chiuso i battenti da marzo il Grand hotel Bastiani, un’istituzione nell’accoglienza di qualità: fu fatto costruire nel 1911 da Alfredo e Anita Bastiani, lui cuoco venuto da Montepulciano che affidò i lavori all’ingegnere Mariani, lei amata consorte originaria di Casale di Pari. L’inaugurazione fu un grande evento, che attribuì autorevolezza alla città. Mai come ora l’albergo ha conosciuto una chiusura tanto lunga e la speranza è che riapra presto i battenti. Ci spiega il tutto Robi Veltroni, general manager della struttura e che si occupa anche del Roccamare Resort.
Veltroni, perché il grand hotel Bastiani è chiuso?
«Siamo chiusi da metà marzo. La pandemia è stata il motivo principale, non nego però che il Bastiani come molte realtà del centro storico stava già vivendo un periodo difficile a livello di presenze. Ormai il centro storico di Grosseto è stato svuotato di ogni attrattiva per i residenti, figuriamoci per chi viene da fuori per lavoro o per le vacanze. Ovviamente, in un luogo poco frequentato e senza motivi d’interesse per la cittadinanza, si finisce anche per percepire poca sicurezza e certamente questo stato di cose non aiuta».
È una chiusura temporanea o, purtroppo, definitiva?
«La chiusura è temporanea, tutto dipende dall’andamento della pandemia e dalla situazione economica che ne deriverà».
Quanti dipendenti avete? Ci sono ammortizzatori?
«Il Bastiani, al momento della sospensione delle attività aveva dieci dipendenti che, al momento, stanno usufruendo del fondo integrazione salariale, in sostanza la cassa integrazione del turismo».
Parlava di periodo difficile a livello di presenze. Quali prospettive vede da qui in poi?
«Non abbiamo ancora i dati ufficiali relativi alla stagione estiva. Per quanto sappiamo luglio e agosto sono andati meglio di quanto si potesse prevedere, ma dobbiamo stare attenti a non confondere una situazione molto particolare e di soli due mesi e mezzo con l’economia generale del turismo nei prossimi tre/quattro anni. Per quanto riguarda Grosseto città, a eccezione dei mesi estivi, mi risulta difficile immaginare flussi sufficienti affinché tutte le strutture cittadine possano raggiungere livelli interessanti di occupazione a tariffe ragionevoli, senza contare l’offerta extralberghiera che ha raggiunto un numero di posti letto di tutto rispetto».
Vi siete confrontati in tavoli istituzionali e di categoria?
«Siamo in contatto con Federalberghi e con altre realtà italiane del settore, a livello istituzionale non abbiamo avuto contatti diretti. La situazione in Italia è preoccupante, in particolare per le città d’arte e non sarà certo un’estate 2021 di pochi mesi a risollevare tutta l’offerta ricettiva italiana. Questo inverno ci chiarirà molti interrogativi, sia a livello di pandemia sia a livello economico. Si parla di una percentuale tra il 20 e il 40% di aziende che rischiano di non aprire più».
Ci sono aiuti al settore?
«A livello nazionale e internazionale è assodato che il turismo è il settore più colpito in assoluto. Non so immaginare quali aiuti ci siano all’orizzonte, a parte misure tampone come la sospensione o l’annullamento di qualche tassa, sostenere il settore dell’ospitalità è questione molto complessa: si parla di infrastrutture importanti e collegamenti efficienti».
Cosa chiedereste alle istituzioni?
«Abbiamo bisogno di infrastrutture adeguate per dare competitività alla nostra offerta e progettualità chiare e definite, anche a livello locale. Devono essere programmati interventi che rendano la città fruibile e attrattiva. I fondi europei di cui si parla in questi ultimi tempi, se investiti per rendere le città e allo stesso tempo l’offerta turistica tecnologicamente all’avanguardia, fruibile e in grado di generare interesse in particolare tra i giovani, possono sostenere una nuova fase dell’ospitalità italiana per i prossimi venti anni. Ma questa potrebbe essere l’ultima opportunità per città ancora troppo arretrate. Essere ospitali è un esercizio difficile. Servono coraggio, capacità tecniche, serietà e volontà». —