Livorno, l’avvocata Silvia Mesturini racconta cosa è successo alla mamma: «Due italiani, si sono finti un poliziotto e un vecchio amico»
LIVORNO. Erano quasi riusciti a truffarla, ma all’ultimo momento si è resa conto che davanti non aveva un poliziotto e un amico di famiglia. Ma due criminali che volevano svuotarle la cassaforte. Ha chiamato la figlia, avvocata e criminologa, che a sua volta ha avvertito il 113. Facendoli fuggire a mani vuote. Anzi: con un cordless preso in tutta fretta per evitare che anche lei dopo la figlia telefonasse alle forze dell’ordine.
Truffa sventata da un’anziana di 76 anni in un appartamento di via Internari. Erano le 12.30 di venerdì scorso quando un uomo, presentandosi come «il vecchio amico di famiglia Giancarlo Picchi», ha fermato la signora sotto casa chiedendo di poter salire per «vedere il parquet, perché sua figlia me ne ha parlato e vorrei installarlo anche nel mio salotto». Sapeva molto, il truffatore. Perché negli anni Novanta una famiglia Picchi lì c’era davvero e il signor Giancarlo pure. Aveva pure due sorelle, una disabile. «E lo sapeva – racconta la figlia della signora Licia, la donna che ha sventato il raggiro, Silvia Mesturini – perché quando mia mamma le ha chiesto come stesse, lui ha risposto che le condizioni di salute erano migliorate. Questa persona ha avuto accesso a informazioni privilegiate, che non si trovano con una semplice ricerca su Internet. Non so se conosca persone che sanno vita, morte e miracoli del nostro quartiere».
Fidandosi, la signora Licia lo ha fatto salire in casa e lui dopo aver dato un’occhiata al parquet si è fatto portare sul terrazzo. «L’unico posto – continua l’avvocata – dal quale non si scorge l’ingresso». Lasciando la porta socchiusa il falso signor Picchi (descritto come un uomo di 60 anni, alto 1.80, capelli bianchi e accento forse lombardo) ha fatto sì che nell’appartamento entrasse un complice, un 35enne dall’accento toscano e alto 1.90: «Si è presentato come poliziotto in borghese, esibendo un falso distintivo – racconta – in più dalla camera da letto aveva preso una foto di mia nonna mostrandola a mia madre per convincerla che i ladri erano entrati per rubarla e lui l’aveva recuperata. Una scusa per farsi aprire la cassaforte».
Cassaforte nascosta dietro un quadro, che il finto agente da solo non poteva trovare. Licia la apre. Ma per fortuna nella sua mente scatta qualcosa. Così la richiude. «Chiamo mia figlia, aspettate...». Ma loro scappano prendendo solo il cordless. Di fatto a mani vuote. «Avevano uno scooter, perché lì ci sono i parcheggi con le lettere per i residenti e un’auto sconosciuta avrebbe dato un po’ nell’occhio – ipotizza l’avvocata – Io ero in piazza Attias, molto vicino, e sono arrivata in bici dopo quattro minuti, il mio compagno ha controllato un po’ nel quartiere ma loro se ne erano già andati. Ho chiamato la polizia, che è arrivata con una volante, e ho rilevato le impronte alla porta visto che sono una criminologa e so farlo bene. Quanto accaduto voglio che sia da monito per tutti gli anziani: non aprite mai la porta». —