foto da Quotidiani locali
PORDENONE. Nel 2005 la sua meticolosa e arguta osservazione dei connazionali lo portò a scrivere “La testa degli italiani” e fu un successo immediato, anche all’estero, tanto che negli Stati Uniti diventò un best seller.
«Era da più di dieci anni che volevo rifare un ritratto nazionale, ma non trovavo la giusta motivazione. Ho iniziato a scriverlo alla fine del 2019, un po’ tergiversando, poi è successo quel che è successo e la motivazione l’ho trovata. Ma non è un libro sul lockdown, anche se alla fine è uno sguardo sul presente, mentre l’avrei preferito sul passato e che fossimo fuori da questa grande crisi».
Beppe Severgnini, giornalista, editorialista e scrittore molto amato, scala ancora una volta le classifiche con il suo “Neoitaliani”, uscito soltanto otto giorni fa per Rizzoli, libro che ruota attorno a una sorta di manifesto: 50 motivi per essere italiani. Ospite di Pordenenolegge, ieri sera in “trasferta” nel teatro Verdi di Maniago, oggi sarà alle 11.30 in piazzetta San Marco.
«I 50 motivi – spiega – sono un invito a concentrarci sui nostri punti di forza per lavorare meglio sui punti deboli». Anche se alcuni dei nostri punti forti «possono diventare dei narcotici... Se alla politica italiana aggiungessimo un clima norvegese avremmo avuto quattro rivoluzioni; questo per dire che sì, va male, ma poi abbiamo tante consolazioni che difficilmente altri Paesi hanno e che in qualche modo stemperano la furia del cambiamento».
Ma ce la faremo? Alla fine come sono questi neoitaliani? «Non sono un ottimista gratuito e conosco bene le cose brutte dell’Italia, ma questo resta un Paese speciale e non lo dico in modo generico. Ho girato il mondo e vi garantisco che il nostro è il posto più interessante, ancora adesso.
Penso agli Usa o alla Gran Bretagna, che conosco bene, e mi dico che forse siamo più solidi noi psicologicamente. Anche in questa emergenza, in modo pur bizzarro, imprevedibile, ma efficace, siamo stai i più bravi di tutti. Lo dicono i numeri e lo dice la storia: noi quando abbiamo spalle al muro diamo il meglio».
Dal lockdown come ne usciamo? Peggiori o migliori? Risponde leggendo alcune righe dalla prima pagina del libro: «Dalla bufera siamo usciti diversi. Direi che non siamo tornati indietro. A modo nostro siamo andati avanti. Costretti a trovare dentro di noi risorse che non sapevamo di possedere».
Chiudendolo, aggiunge: «Mi auguro che adesso, fra un influencer e un infermiere, gli italiani sappiano a chi dare la propria stima». —