Tre operatrici della struttura sono accusate di maltrattamenti. Forse altre persone coinvolte: hanno visto e taciuto
PESCIA. «Se ti giri ancora una volta e ti vedo girare per i reparti, ti prendo a calci nel culo. Vai a sedere al tuo posto e non rompere i coglioni. Cammina!». Non siamo in caserma, e nemmeno in una scuola di quelle “difficili”. Siamo in una casa di riposo, e in questa frase, attribuita dalle intercettazioni ambientali a una operatrice in servizio alla Rsa San Domenico di Pescia, una frase che in realtà non si dovrebbe dire neanche a una recluta o a un alunno discolo, tantomeno a un anziano indifeso, c’è il succo di un’indagine, quella conclusa nei giorni scorsi dai carabinieri del Comando provinciale di Pistoia, che ha portato agli arresti domiciliari di tre operatrici dell’ospizio, di 40, 54 e 63 anni, residenti a Porcari, Pescia e Montecarlo di Lucca.
L’accusa per tutte è di maltrattamenti nei confronti di almeno sette anziani ospiti della casa di riposo, maltrattamenti che sarebbero andati avanti per mesi, dal periodo del lockdown fino ai tempi recenti.
Come in vicende simili, più delle percosse, che pure vengono contestate alle tre arrestate, colpiscono le umiliazioni che, stando all’accusa, vengono inflitte agli anziani che non si possono difendere, in balia di persone che dovrebbero invece prendersi cura di loro.
Un altro siparietto tratto dagli atti dell’inchiesta racconta di una discussione tra un anziano e una delle tre operatrici, che si inalbera perché lui ha spostato una bottiglia d’acqua e allora gliela mette in un posto dove non la può raggiungere per tutta la notte («Quando arriva l’ora di cena c’hai sempre da fare lo squilibrato di cervello. Stai calmino, eh»). Un altro chiede che gli vengano messi i pantaloni e si sente rispondere che a lei, l’operatrice, non interessa se lui abbia caldo o freddo.
Saranno i giudici, in caso di rinvio a giudizio, a stabilire quale sia il rilievo penale di certe situazioni. Intanto gli elementi raccolti dai carabinieri sotto la guida del procuratore Tommaso Coletta hanno superato il vaglio del giudice per le indagini preliminari Luca Gaspari, che ha firmato l’ordinanza di custodia.
Ma l’indagine, che è iniziata a giugno grazie alle dichiarazioni di una ex dipendente della struttura, potrebbe non essere conclusa. Bisogna capire se qualcuno tra i colleghi delle tre operatrici indagate ha visto e ha preferito tacere, e in questo caso si aprirebbero le ipotesi di concorso nel reato o di omessa denuncia.
Difficile pensare che nessuno abbia visto o sentito, ma fino a prova contraria i colleghi e le colleghe delle tre indagate hanno fatto il loro lavoro coscienziosamente.
Loro tre invece pare proprio di no. Forse sono state vittime di quella che gli psicologi chiamano Sindrome da burnout, lo stress patologico di chi lavora giorno dopo giorno a contatto con soggetti difficili. Ma anche se così fosse, significherebbe che hanno sbagliato lavoro, perché proprio quello si fa nelle case di riposo.
Ieri il sindaco di Pescia, Oreste Giurlani, che esprime il cda della casa di riposo San Domenico, ha espresso piena fiducia nel consiglio di amministrazione e nella Kcs, la cooperativa di Bergamo che gestisce la Rsa, ma al tempo stesso ha sollecitato un’indagine interna per capire che cosa è successo.
Al momento, secondo Giurlani, si tratta di «responsabilità di singoli» che non coinvolgono chi doveva controllare.
Era stato lo stesso sindaco, lunedì sera, ad accennare in consiglio comunale a un’ispezione dei carabinieri alla casa di riposo per confermare le voci che si rincorrevano dal pomeriggio, pur senza entrare nei dettagli. Il caso è esploso il giorno dopo, quando sono emersi i particolari della vicenda.
E dire che nei mesi scorsi i parenti degli anziani avevano affisso uno striscione di ringraziamento agli operatori della Rsa per le cure prestate ai loro cari durante il periodo più duro del Covid-19, e lo stesso sindaco si preparava a premiarli a fine mese insieme ai colleghi di un’altra casa di riposo, nonostante la Rsa San Domenico avesse pagato un prezzo altissimo all’epidemia, con sette vittime tra i suoi ospiti.
Ma che tutto non filasse per il verso giusto si era capito anche dalle frizioni tra la presidente del cda della casa di riposo, Ilaria Camarlinghi, e i dipendenti per le presunte eccessive assenze durante il periodo di massima diffusione del virus. Dipendenti che erano stati difesi dal sindacato. Ora invece le tre operatrici dovranno difendersi in Tribunale.