Il 2020 è stato un anno nero anche per le morti bianche sul lavoro. Una piaga non nuova per il nostro Paese, ma che nell’anno dell’epidema da Covid-19 assume una dimensione ancora più drammatica come ricorda l’ultimo rapporto Inail. Sono 719 i decessi complessivi, pari al 19,5% in più rispetto a quelli dello scorso anno e il loro numero è assai più numeroso nel Nord Ovest che nel resto d’Italia (in queste regioni i casi mortali ammontano a 265). Come fanno sapere dall’Istituto l’incremento è influenzato dal numero dei decessi avvenuti e protocollati al 31 luglio 2020 a causa dell’infezione da Covid-19 in ambito lavorativo. Non a caso sono le professioni sanitarie quelle a pagare il prezzo più alto: solo tra i medici le denunce di infortunio sul posto di lavoro sono aumentate del 500% dall’inizio dell’anno, mentre la categoria di vittime più colpita da morti e “infortuni” sono gli over 55, la categoria sociale che rischia di più in caso di infezione da nuovo coronavirus.
E se, come sottolineano dall’Inail, è difficile fare paragoni con gli anni passati data l’eccezionalità del 2020, i numeri danno esattamente l’idea di quanto abbia impattato il Covid-19 nel mondo del lavoro italiano e quale sia stato il prezzo pagato dai lavoratori. Non è un caso che le denunce e le morti siano più frequenti nelle aree più duramente colpite dalla pandemia. E se generalmente si è verificato un calo delle denunce in tutta Italia dovuto al blocco di molte attività produttive, la diminuzione è stata più contenuta nel Nord Ovest del Paese e in Lombardia. Se si limita il confronto al periodo marzo-luglio, i cali registrati delle denunce nelle singole ripartizioni geografiche sono infatti rispettivamente: , -33% per il Nord-Est, circa il -40% per Centro, Sud e Isole -19% per il Nord-Ovest, dove non poche aziende hanno continuato a produrre e dove i lavoratori hanno pagato prezzi anche molto alti in termini di salute
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