REGGIO EMILIA. Mura e ponti levatoi per difendere «le piccole patrie». Auspica un ritorno al piccolo, ai propri confini occidentali, il nuovo brano di Giovanni Lindo Ferretti di prossima uscita: da oggi sulle varie piattaforme digitali sarà ascoltabile e visibile “L’imbrunire”, la terza canzone del fondatore dei Cccp Fedeli alla Linea e dei Csi realizzata nel periodo dell’emergenza sanitaria globale. Lavori composti dalla sua casa a Cerreto Alpi, nel cuore del Crinale appenninico, un luogo dove la quarantena per molti versi non ha cambiato molto, come ha ricordato lo stesso Ferretti.
E se i primi due pezzi erano “instant song” in cui, fra marzo e maggio si ragionava sugli scenari cupissimi del periodo, con “L’Imbrunire” Ferretti allarga il discorso, in un lungo testo in cui le citazioni dalla contemporaneità come dal proprio passato si incastrano di consueto.
In attesa di conoscere il fondale sonoro, le parole hanno già generato discussioni, e anche questa non è una novità per un artista da sempre capace di dividere, ancora di più negli ultimi decenni dopo la cosiddetta svolta “ratzingeriana” e su posizioni politiche di centro-destra.
L’attacco è già perfetto allo scopo: «Sogno ponti levatoi e mura a protezione / piccole patrie sempre sul chi vive / risate cristalline in gelide mattine / poi mi sveglio».
Una speranza fallita di difese solide che richiama però «la piccola patria» partigiana di uno dei lavori più belli ed alti del rock italiano, quel “Linea Gotica” in cui si affrontavano le guerre dei Balcani e le memorie partigiane della «piccola patria», dalla Repubblica di Alba narrata da Beppe Fenoglio a due reggiani, il comandante Diavolo Germano Nicolini e il «monaco obbediente» Giuseppe Dossetti.
Un bel salto, per molti uno schiaffo. Anche per Ferretti, che risvegliandosi dal sogno si trova un Papa Francesco non molto amato: «Il Pontefice disegna ponti in terra / il cielo: frontiera dell’economia / la scienza a convogliare il traffico / scusiamo il disagio, lavorano per noi».
“L’Imbrunire” si conferma crepuscolare anche nel prosieguo, con tetri rimandi alle immagini della clausura, alle canzoni dai balconi, ai pensieri sul vaccino, sulla tanto discussa app “Immuni” e pure sul surreale dibattito nato nelle scorse settimane sul testo “comunista” di “Imagine” di John Lennon.
Tanti sforzi, spesso sconclusionati, che porteranno al nulla a cui Ferretti vede destinato l’Occidente. «Saremo post tutto-Anti-pronti per il Niente / l’Europa è un reliquiario di intenzioni / mercato/granserraglio/smart Bisanzio / caos democratico, alta definizione / giallo/rosso/verde/azzurro/bianco/nero in mutazione», prosegue il brano prima di tornare al sogno dei ponti levatoi.
Arriva poi una filastrocca con un elenco numerato, un classico gioco di parole alla Ferretti che disegna un crescendo non certo allegro: «Uno, il primo / due preti febbricitanti / tre monache claustrali / quattro esasperati / cinque affamati / sei sazi di vergogna / sette, settanta volte sette / disertori per moto interiore / orfani, vedove, sabotatori / sbandati e canaglie nel mondo di fuori».
La chiusura è il definitivo requiem per l’Europa e l’Occidente “cristiano”, travolto dal preponderante vento dell’Est: «Sette 70volte7 l’Occidente si fotte in diretta al tg / sette 70volte7 il vento dalle steppe eppur bisogna andar / eppur bisogna andar».
Un finale disegnato sul canto partigiano per eccellenza, “Fischia il vento”, preso a prestito per altri scopi. E chissà quanti gradiranno. —