MANTOVA. Non ce l’hanno con i gestori delle sale né con i giocatori. È il sistema che contestano, insieme all’assenza di coraggio della politica. Alla vigilia delle elezioni i No Slot tornano alla carica per richiamare gli amministratori locali ai loro doveri: in cima alla lista, quello di tutelare la salute dei cittadini, in particolare dei più fragili. Come? Armonizzando le fasce orarie nei quattordici comuni del Distretto di Mantova, ad esempio, per interrompere il tempo dell’azzardo e costringere i giocatori compulsivi a ributtarsi nella vita reale. Almeno per una manciata di ore.
Perché funzioni, però, è necessario che la scansione di questo tempo sia condivisa dai Comuni confinanti, altrimenti si rischia d’incoraggiare il vagabondaggio dei disperati. Facile? Quasi impossibile a giudicare dagli ostacoli incontrati dal coordinamento No Slot, che tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 batterono i municipi del Piano di Zona-Distretto di Mantova porta a porta, per presentarsi, offrire la propria consulenza e sciogliere i timori che un’eventuale ordinanza per limitare il tempo del gioco potesse trascinare i piccoli Comuni in una battaglia impari con i giganti dell’azzardo. Il modello da replicare era e resta quello del capoluogo, dove nel 2015 l’allora sindaco Nicola Sodano stabilì che si poteva giocare dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23. Tuttora in vigore, l’ordinanza resse all’aggressione legale dei colossi.
«Incontrammo anche gli amministratori di Curtatone e Castel d’Ario, due dei cinque comuni che il 20 e il 21 settembre andranno al voto – ricorda la portavoce del coordinamento, Giuseppina Nosè – Cosa risposero? Come tutti gli altri si dissero disponibili ad adottare le fasce se la decisione fosse stata approvata a livello di Piano di Zona, di cui il Comune di Mantova è capofila. Peccato che la questione non sia mai stata discussa in assemblea. Da cittadini siamo ancora in attesa che la parola data si traduca in un impegno concreto da parte della politica». Possibile che un anno e mezzo dopo si sia ancora fermi allo stesso punto? Perché?
«Gli interessi in gioco sono moltissimi e pure le pressioni sui Comuni – sostiene Nosè – Per non scontentare i gestori della sale, confortati dal carattere legale dell’azzardo di Stato, alcuni amministratori finiscono col riproporre l’eterno conflitto tra lavoro e salute, privilegiando il profitto rispetto ai danni che questo profitto produce. È questo modello che contestiamo, l’azzardo legale non restituisce nulla in termini di economia e danneggia le comunità. Cosa chiediamo agli amministratori? Se hanno a cuore la salute dei cittadini e che tipo di economia hanno in mente, circolare o dissipatoria? Ci auguriamo che sia la volta buona per la Grande Mantova delle fasce orarie». Soprattutto dopo che il Consiglio di Stato è intervenuto a disinnescare la circolare ministeriale che, indirettamente ma nemmeno troppo, suggeriva ai sindaci di limitare a sei ore quotidiane l’eventuale spegnimento delle slot.
Non saranno la soluzione, le fasce orarie, ma a Torino hanno ridotto le giocate del 27% (dati Asl) e la provincia di Mantova ha necessità di opporre un argine a una dipendenza che, potenzialmente, minaccia 7.800 persone.