MANTOVA. Ritorna lo spettro delle “classi pollaio” proprio nel momento in cui le scuole stanno organizzando, a fronte di grosse difficoltà, il ritorno in classe del 14 settembre seguendo le linee guida previste dal governo e dall’Istituto superiore di sanità. E tra le prime regole, valide non solo per la scuola, c’è quella di evitare assembramenti.
Per questo i genitori dei ragazzi che in settembre dovranno frequentare la prima (la quarta ginnasio) del liceo classico Virgilio sono rimasti di sasso quando hanno appreso, nel corso di una videoconferenza con la scuola, che le prime, il 14, potrebbero essere soltanto due e non tre come richiesto, con successo pareva, dal liceo. Il ministero non è in grado di fornire l’organico necessario per fare tre sezioni, quindi c’è il concreto pericolo che si potranno formare soltanto un prima da 29 e un’altra da 30 studenti.
Numeri che anche in epoca pre-covid avrebbero suscitato malumori tra famiglie e personale docente, ma che ora possono davvero complicare molto la vita di studenti e insegnanti. Per classi di quelle dimensioni, se non ci sono aule molto grandi, diventa inevitabile il ricorso alla didattica a distanza (a rotazione). I giochi non sono ancora fatti, ma a due settimane dalla prima campanella questa è stata una doccia fredda per la stessa scuola, che sta cercando tutte le soluzioni possibili (compresa la ricerca di sale al di fuori dell’edificio scolastico) per garantire le lezioni frontali, senza ricorso alle lezioni online, quantomeno a prime, seconde e quinte. Per terze e quarte scatteranno piccole quote di didattica a distanza (ovviamente a rotazione).
La speranza di scuola (preside innanzitutto) e famiglie è che all’atto della definizione finale degli organici per le scuole lombarde e quindi anche mantovane, si tenga conto della inopportunità, sotto il profilo della sicurezza sanitaria, di creare classi così affollate in questo periodo. Di certo la richiesta di un incremento di personale accomuna la quasi totalità delle scuole e l’aumento di organici previsti dal Ministero sembrano non sufficienti.
Le scuole, qui ci riferiamo alle superiori, stanno ultimando la programmazione delle misure per riaprire i portoni rispettando le regole: banchi distanziati, sale arredate per le lezioni, distributori di gel igienizzante, alcune aule ingrandite, ingressi e uscite scaglionate e via dicendo. Tutto per eliminare o quantomeno ridurre la necessità della didattica a distanza. Certo, c’è un’incognita che potrebbe sparigliare le carte in tavola: il trasporto degli studenti pendolari. «Noi abbiamo persino smantellato la sala professori per trovare spazi – spiega Paola Bruschi, preside dell’Istituto Manzoni di Suzzara – per i docenti abbiamo fatto realizzare dalla Provincia dei piccoli corner con soffietti nei corridoi. Abbiamo 1.036 studenti e 48 classi. Solo per una decina di classi prevediamo un po’ di didattica a distanza a rotazione. Ma abbiamo oltre un terzo degli studenti che arrivano in pullman e se verranno confermati i limiti di capienza per i mezzi, dovremo per forza aumentare le lezioni online per chi non riuscirà a venire a scuola».
Cristina Patria, preside del Liceo scientifico Belfiore, spiega che «mancano i dettagli, ma non dovremmo aver bisogno di ricorrere alla didattica a distanza. Certo siamo in attesa di capire come funzioneranno i trasporti». Marianna Pavesi, preside all’Is Fermi, osserva: «Con il 50% dei ragazzi che usano il pullman per andare a scuola, la capienza dei pullman è un fattore determinante per l’organizzazione didattica».
