VALDOTTAVO. È un caso unico in Italia. Forse nel mondo. Una squadra giovanile di una frazione di poco più di mille abitanti nel comune di Borgo a Mozzano in Media Valle del Serchio che porta in serie A tre giocatori nello stesso anno. Dalla Asd Valle di Ottavo 1970 sono partiti Giovanni Di Lorenzo, Federico Mattiello e Paolo Bartolomei che da ieri sera - dopo la promozione dello Spezia - si ritroveranno uno contro l’altro negli stadi più importanti del Bel paese. «Se proprio vogliamo essere precisi - dice con una punta d’orgoglio il presidente Giovanni Risoli, da 22 anni nel club bianconero che quest’anno compie 50 anni di vita - abbiamo un quarto giocatore professionista che ha già debuttato in A (Crotone, 3 presenze) e attualmente milita in Lega Pro (Padova). Si tratta di Nicolò Fazzi, 25 anni, il cui babbo militò in C nella Lucchese alla fine degli anni Settanta. E si ricordi che da noi sono cresciuti anche numerosi calciatori che sono diventati colonne del Castelnuovo e di altre formazioni professionistiche come Emanuele Venturelli, Edoardo Micchi e Massimiliano Franchi».
CALCIO SENZA STRESS
Valdottavo è la frazione più antica del comune di Borgo a Mozzano. Fu fondata nel 752 Dopo Cristo e oggi conta 1180 abitanti. Il suo nome significa «distante Otto Miglia da Lucca» e gli fu dato in epoca romana. Nel paese c’è un teatro anni Venti, una chiesa romanica e un antico romitorio. Insomma un luogo tranquillo a 100 metri sul livello del mare. La domanda sorge spontanea: qual è il segreto del piccolo Valdottavo? Aria buona? Acque miracolose? Cibi genuini? Come è possibile che una società che spende annualmente 60-70 mila euro grazie ai contributi volontari dei circa 200-220 tesserati (150 euro di iscrizione) e agli introiti dello storico torneo intitolato alla memoria di Silvio Parisotto (nel 2021 compie mezzo secolo) un ragazzo di 17 anni della zona morto negli anni Sessanta in un incidente di caccia? «Non abbiamo segreti particolari. - spiega il ds del Valdottavo, Marco Cecchi, nel club da cinque stagioni - Di sicuro noi proponiamo un calcio senza stress». Affermazione che rilancia e fa sua il presidente Risoli che a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta ha collaborato anche con il settore giovanile della Lucchese ai tempi di Bianchi, Baldi, Roggi e Arturo Silvestri: «Da noi sino a 12 anni i bimbi devono divertirsi. Non ci interessano i risultati o le tattiche esasperate. I nostri istruttori, che percepiscono un semplice rimborso spese mentre noi dirigenti facciamo puro volontariato, sino a quando non si disputano campionati ad undici hanno l’obbligo di creare aggregazione e intrattenimento. Allenarsi dev’essere un piacere e non una sofferenza». L’esempio calzante è quello di Federico Mattiello oggi al Cagliari dopo aver militato anche nella Juventus che per tre anni ha praticato calcio e tennis sino a quando non si è deciso a scegliere il pallone. In quel periodo lo lasciavamo andare ai tornei regionali o nazionali dell’altro sport senza mettergli paletti o costringerlo a scegliere per forza il calcio».
NESSUNA INTERFERENZA
Un altro punto di fondamentale importanza è il rapporto società-genitori: «Nessuna interferenza altrimenti ognuno va per la sua strada. - prosegue il presidente - Siamo chiari sin dal primo giorno: con noi possono confrontarsi per problemi extracalcio e le porte sono sempre aperte. Ma guai a metter becco su squadre, formazioni e scelte degli allenatori. Non lo permettiamo. E devo dire che tutti hanno sempre rispettato le consegne. Anche i genitori di Fazzi e Mattiello, che avevano militato nella Lucchese, non si sono mai sognati di fare un appunto alla parte tecnica. Per non parlare della famiglia di Bartolomei. Il babbo, appassionato di cavalli, non veniva quasi mai. Era la mamma a portarlo sempre agli allenamenti. Un ragazzo serissimo che, contrariamente agli altri, è rimasto con noi sino a 16 anni. La sua passione e la sua costanza lo hanno premiato. Siamo orgogliosi di lui». —
