L’esperto Secchieri: «L’ultima neve caduta si è ormai tutta sciolta e attualmente il manto ghiacciato non ha più alcuna protezione, una agonia che continua»
BELLUNO. Si aggrava la lenta agonia dei ghiacciai delle Dolomiti. «L’ultima neve caduta nei giorni scorsi si è tutta sciolta e adesso il manto ghiacciato non ha più nessuna protezione – lancia l’allarme Franco Secchieri, polesano, da 10 anni impegnato nello studio di questi fenomeni sulle montagna del Nordest –. I raggi del sole e le temperature che da notti non raggiungono lo zero termico stanno provocando danni irreparabili».
Lo sguardo dai rifugi
Ne è testimone Guido Trevisan che conduce i rifugi Pian dei Fiacconi e, poco sopra, Ghiacciaio della Marmolada. «Nell’ultima settimana – fa sapere – si è aperto come mai era accaduto il crepaccio terminale, lungo la principale via che conduce in vetta, a Punta Penia. Gli alpinisti debbono prestare la massima attenzione. Ed essere attrezzati di tutto punto».
Gli escursionisti? «Li sconsiglierei di procedere, a meno che non dispongano di una preparazione all’altezza». Se uno dei più profondi crepacci della Marmolada si sta trasformando in una pericolosa voragine, questo – per Secchieri – è un altro segno che la “fase terminale” è davvero iniziata. I ghiacciai hanno cominciato a risentire dell’attuale fase di riscaldamento globale già a partire dalla metà degli anni ’80 quando, dopo oltre due decenni di progresso hanno manifestato la tendenza alla riduzione.
Sessanta metri di spessore
«Negli ultimi anni questa situazione è parsa accentuarsi sempre più come è dimostrato dai rilievi del Comitato Glaciologico Italiano e di altre istituzioni locali come il Comitato Glaciologico Lombardo o quello Trentino» riferisce Secchieri.
Dal 1985 ad oggi il ghiacciaio della regina delle Dolomiti ha perso uno spessore di ghiaccio di circa 60 metri e la superficie si è quasi dimezzata e frammentata in più parti.
Il ricercatore polesano segue oramai da molti decenni lo stato del glacialismo, specialmente riguardo al settore alpino orientale e all’area dolomitica in particolare.
Il lavoro in questo settore è stato portato avanti fino al 2015 in collaborazione con l’Arpa del Veneto ed ha consentito la predisposizione del Nuovo Catasto dei Ghiacciai delle Dolomiti. Ed oggi Secchieri si appresta a scrivere un libro sulla storia degli ultimi anni di queste superfici.
Gli obiettiamo: speriamo che gli anni siano quelli penultimi.
«Temo di no» è la sua risposta. «Confrontando i dati, specialmente quelli iconografici, si possono mettere in evidenza le grandi variazioni che stanno subendo le diverse masse gelate. Primo tra tutti il ghiacciaio principale della Marmolada che si trova in una fase di accentuata riduzione, al punto tale da avere ormai perso la sua integrità a causa della progressiva frammentazione in più parti. Stessa sorte per tutti i ghiacciai presenti nei diversi Gruppi montuosi, dall’Antelao, al Sorapis, dalle Pale di San Martino alle Tofane, piuttosto che al Civetta o al Cristallo. Anzi alcuni soggetti di piccole dimensioni stanno ormai scomparendo».
Non va meglio per i ghiacciai di maggiore dimensione come quelli del settore alto atesino seguiti dagli operatori del Servizio Glaciologico del Cai di cui mi onoro di essere il coordinatore scientifico. Al momento le campagne di rilevamento non sono ancora cominciate perché la regola prescrive che le misure vengano effettuate al termine della stagione di ablazione (estate).
L’evoluzione
Ma già ci sono degli elementi che fanno supporre una evoluzione estremamente negativa per il glacialismo. La neve dell’inverno si sta praticamente esaurendo e le fronti dei ghiacciai sono già spoglie nonostante il piccolo palliativo offerto dalla nevicata dei giorni scorsi.
La riserva idrica si sta dunque esaurendo e questo – secondo l’esperto – rappresenta un problema ancora maggiore per il futuro a causa della funzione svolta dei ghiacciai nel contesto del ciclo idrologico, anche per la pianura. I ghiacciai, infatti, sono anche una riserva d’acqua che si accumula in inverno per essere rilasciata nella stagione estiva, con l’importante funzione di volano per l’equa ripartizione del patrimonio idrico.
«Questa risorsa si sta gradatamente consumando e già in agricoltura si stanno lanciando allarmi per la siccità, presente e futura. Anche perché i mutamenti in atto stanno cambiando le caratteristiche meteo – climatiche, con il verificarsi di episodi spesso estremi che portano a forti precipitazioni, con tempi e modalità non idonee al nostro sistema di approvvigionamento idrico». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA